L’esilio fatale di Santa Rosa dedicato a tutte le donne outsider

di Paola Maruzzi

Cammino di Santa Rosa

Oggi, 4 dicembre, ricorre l’anniversario dell’esilio di Santa Rosa: nel 1250, quella che secoli dopo diventerà l’amatissima patrona viterbese, fu costretta a lasciare la città. A distanza di oltre sette secoli, l’associazione Take Off, in collaborazione con l’associazione Ex Facchini di Santa Rosa e con il patrocinio del Comune di Viterbo, ha voluto ripercorrere quel doloroso cammino dedicandolo agli esiliati e ai rifugiati di oggi e, in particolare, a tutte le donne che subiscono il peso dell’emarginazione.

Il gruppo di escursionisti si è dato appuntamento domenica scorsa presso la chiesa Crocetta di Viterbo per raggiungere Soriano del Cimino. La passeggiata, giunta alla XIX edizione, è stata anche occasione per raccontare l’origine “esotica” del culto di Santa Rosa. Secondo Silvio Cappelli, ideatore dell’iniziativa, le prime tracce di venerazione di Rosina sono rintracciabili in America Latina: fu qui che a fine ‘400 i padri francescani esportarono la storia di questa giovanissima emarginata, considerata un outsider anche dalla Chiesa che, in vita, le rifiutò l’ingresso in convento (Rosa fu infatti terziaria francescana, vale a dire che non riuscì a entrare nell’ordine religioso vero e proprio).

A decretare l’allontanamento forzato da Viterbo fu invece il podestà Mainetto Bovoli, di nomina imperiale: è probabile che venne accusata di perturbare l’ordine pubblico anche per via della sua militanza a favore di poveri e ammalati. L’esilio di Rosa, prima a Soriano nel Cimino e poi Vitorchiano, fu breve ma fatale: gravemente ammalata, morì un anno dopo, il 6 marzo del 1251.

Sulla via dell'esilio di santa Rosa_partenza

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