L’astrattismo di Alberto Burri nelle parole di Brandi Rubiu

burri

Da medico ad artista. È stata questa la vita dell’“informale” Alberto Burri, artista italiano che ha dato un grande contributo al panorama artistico internazionale del secondo dopoguerra. Dopo essersi laureato in medicina nel 1940, viene arruolato come ufficiale medico e viene fatto prigioniero a Tunisi dagli inglesi nel 1943. L’anno successivo viene trasferito dagli americani in un campo di prigionia in Texas. Qui inizia la sua attività artistica. Tornato in Italia abbandona definitivamente la medicina per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Fin dall’inizio mostra interesse per la pittura stratta, attraverso l’impiego di particolari materiali come sabbie, catrami, pomice, smalti. Alle serie dei Neri, dei Gobbi, dove la superficie del dipinto è deformata da rigonfie protuberanze con inseriti da dietro il telaio rami nodosi, delle Muffe, dei Sacchi, seguono le Combustioni, i Ferri, i Legni e poi, passando alla manipolazione di materie artificiali, le Plastiche degli anni Sessanta.

Venerdì 29 maggio alle 17.30 presso la Sala conferenze della Biblioteca Consorziale di Viterbo, a parlarne sarà Vittorio Brandi Rubiu con il suo libro “Alberto Burri”.

Rubiu ripercorre la carriera di Alberto Burri a partire dal 1944, quando l’artista, confinato in un campo di prigionia del Texas, scopre la pittura e dipinge il suo primo desolato paesaggio che lascia già intuire una fervida inventiva per la materia. Un testo indispensabile per capire la personalità e la creatività astratta dell’artista.

Vittorio Brandi Rubiu è nato a Lucca nel 1928. Si è laureato in Filosofia con una tesi sull’Estetica di Cesare Brandi. È curatore di numerose mostre su alcuni dei più importanti artisti italiani come Burri, Afro, Guttuso e Manzù. Tra le sue pubblicazioni ci sono il contributo al catalogo generale Alberto Burri, Sergio Romiti, La caricatura, Alberto Burri e Pascali.

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