Ilaria Galbusera, capitano della Nazionale Italiana Pallavolo Sordi: ” La sordità è vedere con gli occhi”

Ilaria Galbusera

La nuova intervista dell’attivissima associazione SuperAbile.

SORISOLE (BG) – “La sordità è un modo di vivere gli occhi”. Per la rubrica in viaggio per l’Italia con l’associazione SuperAbile spazio quest’oggi ad Ilaria Galbusera capitano della Nazionale Italiana Pallavolo Sordi (FSSI).

Cresciuta a pane e sport, fisico statutario e grinta da vendere la 29enne bergamasca è sorda profonda dalla nascita. Laureata in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo all’Università Cattolica di Milano è impiegata in banca.

“Sono sorda dalla nascita – ammette Ilaria –, la sordità è un modo di vivere con gli occhi. E’ a tutti gli effetti un’identità. In più ho avuto la possibilità di crescere insieme a due mondi e due culture visto che ho un genitore sordo e l’altro udente.

Sono bilingue da mamma udente CODA e da papà sordo. Anche mio fratello maggiore conosce la LIS. Che è stata fondamentale per la mia crescita: ho imparato a parlare grazie alla lingua dei segni. Lingua italiana e LIS un binomio rilevante per sostenere un’educazione bilingue nelle sfide quotidiane della vita.

Dalla scuola all’Università, dallo sport al mondo delle professioni la sordità è una disabilità invisibile e particolarmente invalidante. Oggi conviviamo con tante barriere comunicative, con l’ignoranza della gente, dettata spesso dagli stereotipi e dai pregiudizi che da sempre accompagnano il mondo dei sordi e che purtroppo tardano a cessare. Ma è proprio in questi momenti che si deve alzare l’asticella, che si devono superare i limiti. Come è successo anche a me nel percorso universitario: riuscire a laurearsi senza aiuti esterni è stata una delle mie più grandi soddisfazioni! Lo stesso si può dire dello sport. Ho sempre amato fare attività sportiva e la pratico da quando ero giovanissima. Per me lo sport è vita, ti consente di migliorarti sempre, di tirare fuori il meglio di te, specie nei momenti di difficoltà.

E soprattutto nello sport non c’è il diverso, non c’è l’esclusione. Lo sport ti fa unire, ti fa socializzare, ti fa rispettare le compagne e le avversarie, ti fa incontrare persone – come nel mio caso – che poi diventeranno amicizie profonde. Io credo che lo sport sia l’unico contesto vero dove si possa fare un’integrazione completa: tutti sono sullo stesso piano, senza restrizioni, senza distinzioni, con la possibilità di confrontarsi con gli altri.

Cosa questa che mi è servita tanto nelle fasi della mia adolescenza: non accettavo la mia sordità. Vedere invece le mie compagne sorde realizzarsi nella vita mi ha aiutato a crescere nella consapevolezza che i limiti sono fatti per essere superati. La pallavolo? E’ stata la mia grande passione nata, tra l’altro, seguendo le gesta di mio fratello Roberto che giocava nell’Olimpia SAV Bergamo. Ricordo che mi colpirono molto quelle partite perché mentre io facevo uno sport individuale, in quei match osservavo il gioco di squadra, come era coordinati ma soprattutto come si divertissero, socializzassero, fossero affiatati come squadra.

Quella è stata la molla che mi ha fatto iscrivere a 12 anni al Volley Excelsior Bergamo. Ho fatto tutta la trafila e oggi dopo 17 anni posso dire che la mia passione per questo sport non è cambiata affatto. Anche perché, nel frattempo, come squadra, abbiamo iniziato ad ottenere anche importanti affermazioni in ambito internazionale – come la vittoria degli Europei con la conquista della Medaglia d’Oro, campionati svolti a Cagliari. Non eravamo 14 giocatrici, bensì una sola squadra vogliosa di centrare il risultato finale.

Un po come succede anche con i Champions Camp, dove si lavora in team. Il progetto è nato nel 2011 da Manuela Nirosi, con la collaborazione dell’ASD GSS Reggio Emilia e vede come destinatari bambini e ragazzi sordi che, grazie a dei campi estivi multi sportivi accessibili, trascorrono, insieme ai loro coetanei udenti, una vacanza all’insegna dello sport, del divertimento in un contesto di piena integrazione affiancati da personale selezionato e formato non solo per venire incontro a tutte le esigenze ma anche ad integrarsi nel migliore dei modi.

Lo staff è composto da ragazzi sordi, CODA (Childreen of Deaf Adults) e da interpreti professionisti. Ogni edizione ha visto nel tempo un numero sempre crescente di adesioni e questo ci gratifica molto segno che il progetto ha colto nel segno.

L’onorificenza al Quirinale? E’ stata una grandissima emozione per me non solo incontrare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un contesto così importante, ma anche ricevere questa alta onorificenza che rappresenta davvero un momento di condivisione e se vogliamo anche un piccolo premio per me stessa. Tante sono state le insicurezze e le incertezze durante la mia adolescenza, dovute alla mia disabilità, ma il fatto di credere sempre in me stessa, in quello che facevo, negli studi, nello sport, nella vita sociale – sempre supportata nel gioco di squadra dalla mia famiglia – alla fine ha fatto la differenza. Adesso posso dire che la vita ci pone degli ostacoli ma i limiti li poni tu, con il tuo lavoro quotidiano, il tuo impegno, il tuo sacrificio.

Il Covid-19? Stiamo parlando di una e propria emergenza sanitaria, peraltro qui da noi, in provincia di Bergamo, è particolarmente sentita per via dei tanti focolai presenti che hanno causato la saturazione delle terapie intensive dei nosocomi con tanti morti e pazienti positivi. Per quello che riguarda il coronavirus in relazione alla mia condizione, posso dire che noi sordi siamo tagliati fuori. La mia vita è cambiata tantissimo. Non mi sento più autonomia ed indipendente nelle commissioni e nelle piccole cose di tutti i giorni. Dovendo tutti indossare la mascherina, quando esco di casa trovo un muro che ostacola la mia relazione con gli altri. Non leggendo più il labiale per me è impossibile comunicare. Ci sono persone sorde che sono morte, altre che sono risultate positive al Covid-19 ed altre ancora che sono state ricoverate in ospedale con numerosi disagi connessi. Per noi – conclude Ilaria Galbusera – chiamare un numero di emergenza è pratic

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