Il cane di Amelia e il bambino la fotografia di un amore che non svanisce neanche di fronte ai millenni

Lo scheletro, con al collo un pendaglio-sonaglio e che è stato datato tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C. era stato posto di fianco alla sepoltura del suo piccolo padrone.
“Le inumazioni di cani nel mondo antico – sottolineano gli esperti – sono spesso interpretate come animali sacrificati con funzione di guardiano alla sepoltura oppure di fedeli compagni del defunto che ne seguono la sorte. Il cane di Amelia, in cui il sonaglio di bronzo rappresenta senz’altro il legame affettivo tra l’animale ed il suo padrone (o compagno di giochi?), si inserisce in questa tradizione accompagnando un bambino nel mondo dei morti”.
Seppellire i cani pare un uso molto antico, ben oltre il periodo del cane di Amelia, in Italia deposizioni di cani in tombe umane sono addirittura attestate dal Neolitico sino all’età romana.

IL REPERTO OGGI AL MUSEO DI AMELIA
Sin dal ritrovamento, gli archeologi hanno pensato alla musealizzazione del prezioso reperto, così lo hanno “strappato” dal terreno in un blocco unico di terra e, con una serie di tecniche di consolidamento, hanno reso possibile collocare i resti del cane all’interno della sala dove oggi è visibile agli occhi di tutti, come tanti di quei tesori unici – si veda la statua bronzea del Germanico di Amelia – che il Museo Archeologico può offrire.

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