Fabiana Eramo da Vetralla: la cucina come filosofia di vita

di Arnaldo Sassi

Fabiana Eramo

Può diventare la cucina una vera e propria filosofia di vita, soprattutto se associata alla cultura e alle tradizioni popolari del territorio? Ebbene sì e la personificazione di tutto ciò si chiama Fabiana Eramo, splendida 40enne, originaria di Grotte di Castro, che ha fissato la sua dimora e la sua attività, chiamata “Casa di Effe”, nelle campagne circostanti Vetralla, esattamente in via Monte Panese, 16 (telefono: 331 9101806).

La “Casa di Effe”, tanto per essere chiari sin dall’inizio, non è un ristorante vero e proprio, bensì un home restaurant. Ovverosia un luogo dove ci si può incontrare, degustare prodotti di qualità, conoscersi scambiandosi idee ed esperienze. Lei lo definisce un social eating, una tradizione che ha le sue origini nella lontana Cuba, dove esistono case particolari in cui la gente viene ospitata per brevi soggiorni. “E’ un settore in via di sviluppo – spiega Fabiana stessa – che in Italia purtroppo è ancora piuttosto fermo. Non è un’attività commerciale, ma saltuaria, legata ad eventi specifici. Quindi non ha una fruibilità pubblica. Si entra solo prenotando nell’ambito di un evento”.

Va bene. Però adesso partiamo dall’inizio…

“Sono di origini campagnole. Nata a Grotte di Castro da una madre che faceva la cuoca in casa e da un padre norcino. Ho assaporato tutte le tradizioni contadine di una volta. Ricordo in particolare il periodo della trebbiatura, quando si facevano grandi pranzi all’aperto. E’ da qui che ho costruito la mia filosofia di cucina”.

Okay. Ma quando è cominciata l’avventura vera e propria?

“Nel 2015. Quando ho pubblicato il libro ‘Tuscia slow, 80 ricette’, grazie all’editore Annulli. Un libro nato in modo casuale, venuto fuori dal mio ricettario privato e dall’amicizia con Leonardo (Annulli, ndr) col quale ci conoscevamo da ragazzi. Un libro diviso in sezioni, con diversi argomenti: dalla pasta fatta in casa al pane, agli strumenti di cottura, antichi e moderni. E poi i racconti di nonna Eva e delle tradizioni della mia famiglia”.

Ha frequentato una scuola ad hoc per questa specializzazione?

“No. Io nasco come tecnico di laboratorio geomedico. Poi però ho seguito la mia vocazione. Ma la chimica e la biologia nella cucina sono essenziali e li trovo nell’applicabilità di tutti i giorni. Anzi, mi consentono anche di sperimentare la cucina molecolare”.

E cos’è?

“Si vanno a unire sostanze che generalmente non sono unibili, o attraverso la solidificazione o con dei passaggi che con la cucina tradizionale non sarebbero possibili, ma sono realizzabili grazie all’impiego di agenti catalizzatori, di estratti vegetali o chimici, ma non invasivi”.

Un esempio?

“L’olio d’oliva da liquido a solido attraverso la sferificazione: in sostanza si formano dei piccoli opercoli, più o meno duri, che messi in bocca scoppiano e rilasciano il liquido”.

Interessante. Torniamo però alla sua attività…

“Dopo la pubblicazione del libro ho cominciato a fare serate itineranti per la Tuscia, con la casa editrice Annulli. Si sceglieva un locale (siamo andati a San Lorenzo Nuovo, a Bolsena, a Bagnaia e in altri centri) e si cucinavano le ricette del mio libro. Siamo andati avanti per qualche anno, fino a quando non ho scelto di concretizzare questo progetto, unendo l’aspetto enogastronomico con quello culturale. Così è nata la ‘Casa di Effe’, esattamente nel 2018”.

E allora?

“E allora è cominciato un percorso durato tre anni, a Grotte di Castro. Facevo ristorazione ma anche corsistica ed eventi culturali: tutto incentrato con personaggi del territorio, sia dal punto di vista del prodotto, ma anche di quello artistico. A Grotte ho fatto un lavoro di sensibilizzazione per la valorizzazione del territorio all’interno dell’home restaurant e ho fondato una scuola di preservazione delle tradizioni culinarie della Tuscia”.

E da Grotte di Castro come è arrivata a Vetralla?

“Per una serie di vicende personali. Ho ricevuto una proposta di lavoro che non è andata a buon fine. E allora ho deciso di ricominciare tutto daccapo”.

Come?

“Sfruttando la vecchia fattoria abbandonata ereditata dal mio compagno, dove abbiamo realizzato un nuovo home restaurant”.

Cosa si mangia?

“Ho diverse tipologie di menu, uno per ogni esigenza. Ma tutti rispecchiano la mia filosofia di cucina. C’è il menu gourmet, quello tradizionale, quello dedicato ai vegetariani o a chi ha problemi di celiachia. Poi ci sono il   menu colazione e il menu aperitivo. Si può scegliere cosa mangiare anche tramite whtsapp. Così si evitano gli sprechi e si crea anche una rete con i piccoli produttori della zona, sostenendo la piccola e media impresa”.

Come va l’attività?

“Inizia ad andar bene. Adesso stiamo costruendo anche una piscina, sicché in estate potremo fare anche degustazioni a bordo piscina”.

E le difficoltà?

“Ci sono anche quelle, soprattutto nel proporre i prodotti della Tuscia. Viterbo è una perla, ma a livello enogastronomico non offre un servizio adatto”.

Parliamo anche dei corsi di cucina?

“Beh, a casa mia si facevano salumi e formaggi. Io ho solo ripreso questi processi in chiave moderna e ora offro una corsistica di autoproduzione. Propongo ricette del territorio, cucina gourmet e circolare, ossia come utilizzare la materia a 360 gradi”.

Un esempio?

“Prendiamo la buccia di patata: ci puoi fare una chips, una polvere, oppure la puoi friggere per guarnire”.

Insegna anche a fare il formaggio?

“Sì, la cagliata della Tuscia. Un prodotto che facevano i pecorai nei giorni dell’Ascensione e che poi davano in omaggio ai proprietari terrieri dove portavano le pecore al pascolo. E’ un processo piuttosto semplice: si aggiunge il caglio al latte, poi la coagulazione che si ottiene in prima battuta viene prelevata e viene fatta sgrondare per una giornata. Si ottiene così un prodotto che ha consistenza di un budino e si serve con cannella e zucchero o con scaglie di cioccolato. Io lo accompagno anche con verdure e olio d’oliva del territorio”.

Ancora?

“Le paste tipiche del territorio: dal picio, ai ravioli, alle tagliatelle, ai maltagliati, a paglia e fieno. Faccio anche corsi di panificazione o come fare il ketch-up in casa. D’estate funziona molto con gli stranieri. Vengono molti gruppi di famiglie”.

Per finire: cosa si aspetta dal futuro?

“Far conoscere l’attività e la scuola. E farle diventare un punto di riferimento. Con un obiettivo primario: tramandare le tradizioni di una volta”.

 

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