Don Claudio, guida spirituale del quartiere Santa Barbara

di Arnaldo Sassi

Don Claudio Sperapani

Una città nella città. E’ il quartiere Santa Barbara, esploso negli ultimi decenni. Là dove – come cantava un certo Adriano Celentano – una volta c’era l’erba. Oggi ci sono circa 15.000 abitanti: una vera e propria comunità, capeggiata – si fa per dire – ormai da ben undici anni da don Claudio Sperapani, parroco 53enne, nativo di Acquapendente e cresciuto a Grotte di Castro, prima di trasferirsi nel capoluogo. Inizialmente come rettore del seminario e poi là dove si trova oggi, con piena soddisfazione e tanta voglia di fare. Consacrato sacerdote nel 1996, oggi si definisce uno dei pochi punti di riferimento (se non l’unico) del quartiere, abitato da tanta gente, ma povero di strutture sociali.

“Il rapporto con gli abitanti è molto bello – esordisce- anche se poi c’è chi è attivo a tempo pieno, chi marginalmente e chi part-time”.

Già, ma qual è la struttura sociale della parrocchia?

“C’è un po’ di tutto. Io dividerei la zona in tre settori: ci sono quelli che abitano nelle case Ater, poi c’è il ceto medio, ossia i proprietari di appartamenti, in maggioranza militari, e infine – nella campagna – anche una zona residenziale con ville di un certo pregio, dove abitano quelli più facoltosi”.

Beh, un bel cocktail. E si riesce a tenere insieme il tutto?

“Sì. Anzi, qui ci sono ben due comitati: uno che si occupa esclusivamente della Mini-macchina, nata nel 2014 ed ormai diventata una tradizione vera e propria; l’altro invece organizza ogni anno la festa di quartiere, in particolare la sagra della ciambella, che di anni ne ha compiuti ben 35. Pensi che questa sagra è nata prima della costruzione della chiesa. Anzi, i fondi raccolti nei primi anni servirono proprio per la realizzazione dell’edificio. Ma ancora oggi si organizzano iniziative per favorire la beneficenza di volta in volta ad associazioni diverse che si occupano del sociale”.

C’è altro?

“Certo. Ci sono gli scouts, i ragazzi dell’oratorio e altri gruppi. In tutto sono tredici. Io faccio un po’ da guida, ma insieme a me ci sono molti laici che, oltre ad essere disponibili, sono anche preparati e attivi”.

C’è la povertà?

“Purtroppo ce n’è tanta. Noi abbiamo istituito una Caritas parrocchiale e ogni giovedì vengono oltre 70 persone a ritirare un pacco alimentare. Sono sia italiani che di altri Paesi. Due volte al mese facciamo anche la distribuzione dei vestiti. Ma non ci fermiamo qui. Diamo anche un supporto per spese di altro tipo, come il pagamento delle bollette o le visite mediche”.

E questi soldi da dove arrivano?

“Dalla provvidenza. Ovvero dalle offerte delle persone di buona volontà che sono sensibili al benessere della comunità. Non portano solo soldi, ma anche generi alimentari e vestiti. Poi ci sono i casi particolari…”.

Ovvero?

“Beh, adesso stiamo aiutando Davide, un bambino di circa 10 anni, che ha bisogno di un trapianto di midollo osseo. Lo stiamo facendo in collaborazione con l’Admo. Poi stiamo dando supporto a una bimba, della stessa età, che dovrà andare in Canada perché ha bisogno di un esoscheletro, avendo gravi problemi di deambulazione. Questi episodi purtroppo, sono tutt’altro che rari. Ma la comunità risponde”.

Lo ritiene un suo merito?

“Il grande merito ce l’ha il mio predecessore, don Luciano Trapè. Il quale, prima di costruire la chiesa, riuscì a costruire la parrocchia. Ha cercato la gente, diceva la Messa nei garage, ha riunito i parrocchiani, creando la comunità prima del mattone”.

Beh, questo è molto positivo…

“Le dico una cosa: se in Italia non ci fossero le comunità… mettiamo i puntini? Se per due mesi chiudessero tutte le Caritas, cosa accadrebbe?”.

Quali sono le attività principali della parrocchia?

“Adesso stiamo facendo il grest. Ma durante l’anno c’è l’oratorio, che è un percorso educativo per gli adolescenti, dove si affrontano varie problematiche, a cominciare da quella della fede. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo parlato molto delle dipendenze, con l’intervento di esperti e psicologi”.

A pochi passi da qui c’è l’emporio solidale di Viterbo con amore…

“Sì e con loro c’è un bellissimo rapporto, fatto di scambi solidali. Ma durante l’anno organizziamo iniziative anche con altre associazioni”.

Quindi il bilancio finale lo giudica positivo…

“Tra tante difficoltà, certamente sì”.

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