Anna Lupino presidente dell’AIPD viterbese, la grande sfida accompagnare a decidere

di Donatella Agostini

Anna Lupino e Martina

Anna Lupino è una guerriera suo malgrado. Da quando, trent’anni fa, le misero in braccio un fagottino rosa, la figlia appena nata, dicendole: “Ci dispiace, ma sua figlia ha la sindrome di Down. Non potrà mai essere come gli altri bambini. Sarà handicappata, non potrà andare a scuola, non potrà fare tante cose”. Si può andare in guerra armati di dolcezza, di determinazione, della voglia di imparare di più su quella sindrome. Anna, giovane mamma, non l’aveva mai sentita nominare. Invece conosceva quel termine ingeneroso, mongolismo. Quando capì che sindrome di Down significava quello, Anna ebbe un attimo di sconforto. Soltanto un attimo, che passò presto. Cominciava in quel momento la sua personale battaglia per dimostrare al mondo che sua figlia, e tutti gli altri bambini Down, hanno buone carte in mano nella partita della vita, e hanno tutto il diritto di giocarsele. Oggi Anna Lupino è la presidente della sezione viterbese dell’AIPD, Associazione Italiana Persone Down. Quella battaglia Anna l’ha vinta. La guerra è ancora in corso.

Anna Lupino ha la voce dolce, e sceglie le parole con cura. Ci parla dell’associazione, della sua attività, e di come si sta muovendo in questo particolare momento di emergenza sanitaria. «La sezione di Viterbo è attiva da quarant’anni», esordisce. «Proprio l’anno scorso abbiamo festeggiato l’anniversario con una bella festa, e con un camper attrezzato, il “DownTour”, che ha visitato trentacinque sezioni in tutta Italia. Le sezioni sono attualmente 52, coordinate da una centrale: la prima sezione a nascere è stata proprio quella viterbese». E non sorprenderà sapere che la sezione di Viterbo è nata per volontà di un’altra mamma guerriera, Leda Pasquali. «Anche Leda si accorse che il suo bambino rispondeva agli stimoli, e che forse con le giuste terapie sarebbe diventato più autonomo e indipendente rispetto al verdetto impietoso ricevuto alla nascita». Leda venne a sapere che alcune famiglie con figli Down si stavano associando nell’ambito del Policlinico Gemelli di Roma, e pensò di fare lo stesso qui a Viterbo. Nacque l’AIPD, con l’obiettivo di studiare e di promuovere ricerche e attività nel campo della sindrome di Down. «Sono entrata in contatto con Leda Pasquali, e l’Associazione. Sono andata da lei, ci siamo conosciute e riconosciute… è stata dura», confessa Anna. «Entri là dentro, impaurita è in quel momento che si prende veramente coscienza del problema. Io le capisco le mamme giovani che vengono per la prima volta. Però adesso è molto diverso. Quarant’anni fa chi nasceva con questa sindrome era considerato un handicappato senza futuro, poteva frequentare soltanto scuole speciali e non poteva avere grandi aspettative, né di autonomia né di indipendenza. Molto è cambiato da quando è arrivato a Viterbo il dott. Giorgio Schirripa, neuropsichiatra della Asl, che per primo ha capito che si poteva lavorare su questi ragazzi – non solo a livello sanitario, quanto soprattutto sul piano sociale – per riuscire a tirare fuori il meglio che potessero dare. Da allora la Asl di Viterbo ha fatto veramente tanto, ed è gradualmente cambiato il sistema. Attraverso la collaborazione tra Associazione e Asl si è capito come poter migliorare la loro qualità di vita». L’AIPD Viterbo, che ha sede in via Carlo Cattaneo 54, dispone di locali ariosi, di laboratori di informatica e di cucina. Qui si organizzano corsi di autonomia, che i ragazzi frequentano fino all’età adulta e anche oltre. «Questi corsi insegnano loro una relativa indipendenza e soprattutto, consentono loro di prendere coscienza della loro condizione attraverso la socialità. Se loro non si “riconoscono”, intuiscono di avere un problema ma non sanno dargli un nome. Invece, stando insieme, capiscono la loro situazione, comprendono quali possono essere i loro limiti ma anche che, se aiutati, ce la possono fare tranquillamente, e sono soddisfatti». La storia di Anna e di sua figlia, Martina Casagrande, è soprattutto una storia d’amore tra una bambina dolce e giudiziosa, e una mamma altrettanto dolce ma risoluta a condurla per mano e aiutarla a superare i gradini ripidi della crescita e dell’affermazione personale. «Martina è attenta, intuisce gli stati d’animo. L’ho capito fin da quando era neonata: se io ero tranquilla, lei era tranquilla, se io ero preoccupata, lei si agitava. E poi ogni anno, ogni step di crescita, entravamo insieme in un mondo nuovo, con le sue speciali difficoltà. Per ogni conquista c’è sempre stato qualcosa che lei mi ha insegnato». Anna e Martina entrano in contatto con altre associazioni, soprattutto con Eta Beta e Sorrisi che Nuotano, che promuovono l’avvicinamento alla pratica sportiva delle persone con disabilità. «Ma sono rimasta sempre in AIPD, perché è specializzata. Se ci sono nuovi metodi per lavorare con Martina, o vengono scoperte nuove risorse, lo vengo a sapere subito. Abbiamo specialisti ed educatori che lavorano con noi. E soprattutto, ci si incontra con genitori che vivono la stessa esperienza. È importante», prosegue Anna. L’attività dell’AIPD, come tutto nell’Italia congelata nel lockdown, si è dovuta interrompere a marzo. «I ragazzi sono a casa, e quelli con il carattere più irrequieto potrebbero sentire comunque l’esigenza di uscire. Però in linea di massima hanno capito: c’è la Tv che ce lo ricorda ogni giorno. Il vero problema verrà dopo, quando si potrà uscire di casa, mantenendo però distanza sociale e uso delle mascherine. I nostri corsi non possono garantire la giusta distanza. Ed è un peccato, perché i nostri figli hanno bisogno di sollecitazioni continue, di sentirsi occupati. C’è il rischio che qualcuno cada in depressione». Anche l’AIPD sta svolgendo comunque attività didattica on line, attraverso piattaforme digitali, per limitare al massimo l’inoperosità dei ragazzi. «Per noi non è molto complicato, Martina ama anche stare in casa». Dopo le superiori all’Istituto Orioli, Martina collabora da dodici anni con la scuola materna di Santa Barbara. Ha un feeling speciale per i bambini più piccoli, che la adorano. Ma soprattutto, Martina Casagrande è un’atleta di prim’ordine: ha vinto la medaglia d’oro nei 25 metri stile libero ai Giochi Mondiali Estivi di Atene nel 2011, e due medaglie d’argento ai Giochi Mondiali Invernali in Austria nel 2017, correndo con le racchette da neve. «Le piace vincere», sorride Anna Lupino. «E queste partecipazioni ad eventi così importanti le hanno dato uno slancio incredibile nella corsa verso l’autonomia». La guerra per dimostrare al mondo che la diversità è soltanto negli occhi di chi guarda, è tuttora in corso. «Ancora c’è qualcuno che ci guarda in modo strano per strada. Che guarda i nostri ragazzi e dice, poverini…». Certo, c’è ancora molto da fare. Ma quando Anna Lupino riguarda le medaglie vinte dalla figlia, o anche quando la vede andare contenta al suo lavoro all’asilo, talvolta ripensa al giorno in cui, con insensibilità asettica, le dissero che sua figlia non avrebbe potuto fare tante cose. E allora, sicuramente, sorride. #ilsolerisogesempre.

www.facebook.com/AssociazioneItalianaPersoneDown-AipdViterbo

 

 

 

 

 

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