A Simonetta Tribuzi intitolata la sala polifunzionale della sede provinciale Acli

Il 27 dicembre scorso ci ha lasciato Simonetta Tribuzi, per anni esponente di spicco delle ACLI, nelle sue diverse espressioni territoriali, persona di grande valore, di esempio per tutti noi che crediamo nei valori cristiani di cui le ACLI sono portatrici.

Per tutti questi motivi le ACLI provinciali hanno inteso ricordare la sua figura, intitolandole la sala polifunzionale della sede provinciale di via Alessandro Volta.

La cerimonia, alla presenza del Presidente Sanzio Patacchini, del vice Presidente Renzo Salvatori, dell’assistente spirituale don Ivo, di numerosi membri del Consiglio provinciale e dei figli di Simonetta con i loro familiari, si è svolta venerdì 28 gennaio scorso.

Subito dopo aver scoperto una targa nella sala in sua memoria , si sono susseguiti vari discorsi, in  ricordo della sua figura, da parte di quanti hanno avuto la fortuna di averla come amica e collaboratrice.

Simonetta Tribuzi era assistente sociale. Tale era rimasta, nel suo animo, anche dopo il pensionamento dalla ASL, presso la quale aveva prestato servizio per 42 anni con serietà, impegno ed estrema professionalità.

Pare banale dirlo, ma lei aveva svolto la sua professione per vocazione, oltre che come normale attività lavorativa.

Era sempre rimasta in trincea alla difesa dei “fragili”, come li chiamava, con un termine  che non non voleva offendere o emarginare nessuno. Infatti aveva continuato a svolgere la sua attività, dopo il pensionamento, con incarichi di rilievo alle  ACLI, di cui era vice presidente provinciale e componente degli organi di coordinamento  donne ACLI, anche nazionali. Collaborava inoltre con varie associazioni di volontariato.

Si era sempre interessata dei problemi degli anziani, dei portatori di handicap e dei poveri. Lo aveva fatto in modo pratico, teso a risolvere i problemi immediati di queste persone. Senza salire in cattedra, ma, per così dire, stando sul campo.

Per lei non faceva differenza portare personalmente generi di prima necessità e vestiario a chi ne aveva bisogno, o sedersi a tavolino per elaborare un progetto per ottenere finanziamenti assistenziali.

La spingeva un profondo senso di giustizia. Era allo stesso tempo una donna prudente  ma decisa, pronta a far valere in tutti i modi consentiti i diritti degli ultimi.

In questo suo agire aveva sempre tenuto conto di altre realtà associative, con le quali cercava di fare rete, senza mai abbandonare le persone di cui si era fatta carico.

La tenacia era una delle sue doti.  Basti pensare che era rimasta amministratore di sostegno anche  dopo il pensionamento dalla ASL, di soggetti affidatigli dal Tribunale, con tutte le responsabilità connesse.

Si può dire che “non mollare mai” era il suo motto, insieme  a “prendersi cura” di chi seguiva.

Per queste sue doti umane e professionali, nel 2017, era stata insignita del prestigioso premio “Maestro Fardo”, che annualmente viene attribuito a personalità viterbesi che si sono distinte nel campo sociale e lavorativo nella nostra città.

 

Acli Viterbo

 

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