Vauro a Caffeina: “Salviamo le parole e riscopriamo l’empatia”

di Paola Maruzzi

Vauro Senesi torna sul palco di Caffeina per il penultimo giorno di festival con il suo nuovo romanzo “Dio è tornata”, edito da Piemme. Questa volta non è la graffiante matita del vignettista toscano a conquistare il pubblico del cortile dei palazzo dei Priori, per una sera l’amara risata affinata in quarant’anni di satira politica fa posto a una riflessione quasi filologica sulle parole che stiamo rischiando di perdere e su quelle che dovremmo recuperare per dare senso al creato. “Anche se sembro vestito da prete sono ateo – scherza Vauro –. Non sono credente ma penso che l’immagine di Dio che s’incarna in Cristo sia la massima espressione dell’empatia, del mettersi nei panni dell’altro”.
Con questa premessa lo scrittore presenta la storia e la protagonista del romanzo: il viaggio contemporaneo di una giovane signora senza passato che si aggira per le strade della città. Non ha nome né casa e indossa un grosso cappotto di lana: sembra una vagabonda come tante eppure si tratta di un Dio tornato in terra sotto nuove vesti, quelle femminili. Un drastico cambio di prostettive che dona alla divinità aspetti inediti: il dubbio, la fragilità, la dimensione terrena, la fragilità ma anche una più profonda capacità di ascoltare e immedesimarsi nell’altro.
Ed è in quest’ultimo aspetto che va cercata la spinta di un romanzo nato “dall’esigenza di riscoprire l’empatia, una parola di cui scontiamo l’assenza e che rischia di essere criminalizzata o, peggio, di essere utilizzata come feticcio radical chic”.
Per Vauro più che da ostentare, l’empatia è la parola-veicolo per eccellenza, una parola ostinata in un mondo complesso che non rinucia al movimento, alla ricerca, alla cuorisità, “al contrario della paura che ci immobilizza. Anche la solidarietà rischia di scomparire dal vocabolario politico e sociale e questo è un lusso che non possiamo permetterci”.
Esplicito, a questo punto, il gancio con le ultime vicende di cronaca, in particolare all’arresto della capitana della Sea Watch 3 Carola Rackete, accusata di aver violato l’alt della Guardia di Finanza ed essere entrata nel porto di Lampedusa speronando una motovedetta delle Fiamme Gialle nel tentativo di arrivare in banchina per portare in porto 41 migranti.
“Non voglio entrare nel merito della vicenda ma sono rimasto impressionato dagli insulti con cui questa giovane donna è stata accolta al momento dello sbarco, uno spettacolo indecente che, in un presente di buonismi e barriere, ci riporta l’urgenza di riscoprire il pensiero lungo dell’empatia”.

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