Unitus emergency, abbracciamo la nostra università

di don Gianni Carparelli

Università le lezioni riprendono regolarmente on line

Quando ho letto della “tragedia culturale” che ha colpito l’Unitus e la sua facoltà di Agraria distrutta dalle fiamme, ho sentito come se fossi stato colpito personalmente. Non ho frequentato l’Unitus, ma altre università, a Roma e a Rio de Janeiro. Sono luoghi dove chi ama la cultura e il sapere si trova a casa, dove si costruisce il futuro, dove si incontra il mondo e la storia, dove una comunità cresce e si diffonde, dove nasce il cammino civile ed economico di una città, di una provincia e regione… E’ recente la pubblicazione di “Libera Università” di Tomaso Montanari, rettore dell’ Università per stranieri a Siena, dove si parla del ruolo di questi centri di cultura e civiltà a volte osteggiati perché il pensiero da fastidio a chi comanda senza pensare. Torno a Viterbo. Quelle fiamme mi hanno obbligato a riflettere. Cosa possiamo fare noi, viterbesi e amici, per abbracciare il dolore di chi ha visto la propria casa andare in fumo che inquina ma che potrebbe guidare a pensare e a riflettere? Certamente le autorità si stanno muovendo e mi auguro che i fondi europei possano essere assicurati per ridare vita. Alcuni gesti sono già avviati. Lo abbiamo visto la sera del 10 giugno a Palazzo dei Papi. Ma noi, io e tutti voi che leggete, qualcosa possiamo fare. Almeno per dimostrare la nostra gratitudine a chi non ha timore di pensare e diffondere il pensiero. Faccio alcuni suggerimenti. Alcune istituzioni, anche religiose, potrebbero mettere all’asta proprietà che non usano. Il comitato dei facchini di Santa Rosa potrebbero organizzare cene in piazza e raccogliere fondi. Ogni scuola potrebbe contribuire a sostenere un luogo dove nel futuro si troverebbero a studiare. Ogni parrocchia potrebbe organizzare qualcosa del genere nelle loro sale. E che dire di un crowdfunding gestito da persone serie e trasparenti? E il 5 per mille? Non raccoglieremo quello che serve, ma sarebbe una raccolta di attenzione e rispetto, di vicinanza e sostegno. Non si sentano soli. Sto organizzando interviste via radio con amici giornalisti non solo in Italia. Dobbiamo far sapere che una Università non è solo luogo di studio, ma di vita civile aperta a tutti. Apriamo la porta dell’ attenzione e dell’abbraccio. La città si deve muovere, non solo guardare e aspettare che altri facciano. All’ingresso poi della facoltà una volta rinata si potrebbe mettere un albero di bronzo nelle cui foglie chi vuole può avere inciso il nome di chi collabora. Alla riapertura, un grande evento culturale, musicale di livello internazionale potrebbe aprire anche la mente dei nostri concittadini. Così pure la pubblicazione di un testo con la storia dell’Unitus, la sua tragedia e la resurrezione. Tutto potrebbe aiutare Viterbo a svegliarsi. Perché io, sono tornato dopo anni all’estero, la trovo leggermente addormentata. O forse mi sbaglio. Le fiamme possono illuminare le coscienze come una pentecoste laica.

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