Tuscia in pillole. La Colombia Viterbese

di Vincenzo Ceniti*

Il santuario di Santa Rosa di Viterbo in Colombia

In Colombia si trovano due cittadine legate alla Tuscia Viterbese: una è “Santa Rosa de Viterbo” e l’altra “Viterbo”. La prima (11mila abitanti) a circa tremila metri di altitudine nel Dipartimento di Boyacà (con capitale Tunja), venne fondata nel 1690 dal sacerdote spagnolo Aleandro de Villamil y Casadiego e prende il nome della santa viterbese conosciuta quaggiù grazie ai Gesuiti che nel Cinquecento ne diffusero il culto. Santa Rosa è peraltro raffigurata in una statua di marmo realizzata agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso dall’artista viterbese Bruno De Alexandris e donata al Santuario della cittadina colombiana nel 1953.

Nella pinacoteca dei padri Gesuiti di Bogotà è custodita una tela del pittore colombiano Gregorio Vasquez de Arce y Caballos (1639-1711) che rappresenta Santa Rosa di Viterbo  nel “Miracolo della gallina”. La cittadina ha dato anche  i natali al poeta e scrittore Jorge Enrique Rojas Castro (1911-1995) di cui si ricorda un suo viaggio in Italia nel 1985 per visitare tra altro a Viterbo la Casa e il Santuario di Santa Rosa.

L’altra città, Viterbo, si trova a sud di Bogotà, in una zona favorevole alla coltivazione di piante tropicali. Sorge su una collina a mille metri di altitudine appartenente alla cordigliera occidentale della Ande nella valle del fiume Risaralda, tra i grandi centri di Pereira, Cali e Medellin, nel dipartimento Caldas con capoluogo Manizales.

E’ conosciuta come “il paradiso di Caldas” per i suoi paesaggi agricoli, le ampie strade e i centri ricreativi. La  regione venne conquistata nel Cinquecento dagli spagnoli di Sebastian de Belalcázar e Jorge Robledo. Fu chiamata Viterbo  in omaggio al cardinale viterbese Francesco Ragonesi  (1850-1931), delegato apostolico in Colombia per alcuni anni dal 1904.. Le abitazioni di un primitivo villaggio vennero costruite intorno al 1911 per iniziativa di un sacerdote del posto, tale Nazario Restrepo Moreno, con il sostegno economico e spirituale del cardinale. Diventerà  municipio alla fine del 1951.

I colori nella bandiera della Viterbo colombiana sono giallo-blu come quelli della Viterbo italiana, con la variante che al posto del leone c’è una stella bianca. I suoi abitanti si chiamano Viterbenses o Viterbeños e sono molto longevi, grazie anche al clima mitigato che d’estate e d’inverno oscilla costantemente tra i 20 e i 22 gradi.  Tra i Viterbesi nostrani  e  i Viterbeños di laggiù ci sono 7 ore di fuso orario. Ma anche una differente stagionatura storica: loro si e no un centinaio di anni, noi oltre un millennio.

 

Il clima equatoriale e i venti del Pacifico favoriscono la produzione di un’ottima qualità di caffè (il mild coffee molto diffuso negli Stati Uniti) e di banane che affluiscono ai porti caraibici di Santa Maria per poi dirottare ovunque.  Tra le altre coltivazioni sono diffusi il cacao, riso, il mais, gli agrumi, la canna da zucchero e la marijuana. Notevoli  l’allevamento di ovini e, nelle miniere dei  dintorni, l’estrazione di smeraldi. Nel  sottosuolo covano carbone e petrolio. Gli ampi viali sono ombreggiati dai Guaycan, alberi dalla folta chioma gialla che fioriscono due volte l’anno.

La Viterbo colombiana dispone di  banche, hotel, scuole, un ospedale  e un teatro.

 

Curiosità. In Colombia il leader del ciclismo è Nairo Quintana. In quanto al calcio ci vengono in mente Cuadrato, Rodriguez, Muriel e Zapata. A tavola qualche problema con l’Hormiga culona, una mega formica fritta. Più abbordabile la Lechona, maialino da latte al forno, tipo porchetta. Nessun problema con l’Ajiaco una zuppa a base di polpa di pollo. Il gran finale è con il caffè. Insuperabile.

Vincenzo Ceniti 

 

Nelle foto:

Il santuario di Santa Rosa di Viterbo in Colombia                                                                                         La statua di Santa Rosa di Viterbo realizzata dall’artista viterbese Bruno De Alexandris

 

 

 

      L’Autore*

ceniti

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

 

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