Remo Seravalle l’ultimo abitante di Voltarina, fu il regno delle miniere di vetriolo

Di Luciano Pasquini

Vetriolo, frazione di Bagnoregio con una storia importante.Dal borgo candidato Unesco dista circa tre chilometri.Solo quattrocento anime una piazza quadrata e un bar  che ci accordiamo essere il punto d’incontro con Realino Dominici, il nostro cicerone, il poeta contadino, profondo conoscitore dei luoghi e della storia di questa parte della Tuscia la Valle della Teverina.  Cadenziamo il nostro cammino:percorriamo la strada in discesa che parte proprio dalla piazza, sembra di aver varcato una porta che ci conduce in un’altra stanza. Pochi passi sono necessari per lasciarsi alle spalle le ultime case e ci ritroviamo immersi nella natura, la strada punta diritta al fondo della valle che in questa stagione è meravigliosamente verde. Pensando che ad ogni discesa corrisponde una salita,Realino con i suoi mille aneddoti di vita contadina,sa distrarci.

Scorgiamo numerose case-grotta ora chiuse con portoni fatiscenti di legno, serrate con il classico catenaccio che si usa dalle nostre parti, nascondono  degli ambienti che in un passato non molto lontano erano abitate dai poveri contadini del posto. Siamo attratti da una casa attaccata alla parete di tufo che costeggia la strada, con una stupenda parete verticale di fichi d’india tutta pericolante, distinta dal numero civico 39. La porta è socchiusa e ci mostra un soffitto che sta cadendo a pezzi, un grosso focolare in mattoni e un tinello scavato nella adiacente parete di tufo usato per la conservazione del cibo, una ripida scala porta al piano superiore, lasciando immaginare che salirla doveva costituire l’ultima fatica della giornata per potersi poi coricare in un giaciglio ricavato da pannocchie di granturco. Segni rimasti di una vita dura che ha forgiato le generazioni che si sono succedute. Arrivati a valle, un ponticello in ferro abbandonato e ricoperto di rovi supera un fosso, ora attraversato dal un comodo passaggio in cemento,  una piccola chiesa rupestre sulla sinistra ci da il benvenuto.Siamo giunti a Vetriolo chiamata “Voltarina” un borgo mignon dove un tempo prima dell’abbandono delle campagne abitavano circa otto famiglie di contadini. Ci addentriamo nel minuscolo borgo, dove grossi cartelli avvertono del pericolo di crolli, le piccole case che si affacciano ancora sulla stradina rimandano  indietro nel tempo con la visione delle donne sull’uscio a chiacchierare e a setacciare il finocchio (Ferula communis) immancabile spezia che distingue il sapore nella tradizione della Tuscia a tavola. A pochi metri c’e la strada che una volta portava al torrente Rio Chiaro che scorre in fondo alla valle ma è impraticabile così decidiamo di ritornare sui nostri passi, una vigna  ben curata con una ottima esposizione al sole  e protetta dalle pareti della valle  fa pensare che il posto non sia del tutto abbandonato ed è proprio risalendo il sentiero che facciamo la conoscenza dell’ultimo  “abitante” del posto,Remo Seravalle con sua moglie Giuseppa lui classe ’42 e lei ’44  qui in questo posto ameno della Tuscia ci vivono preservando il loro ecosistema-E’ Remo che cura  impeccabilmente la sua vigna,niente da meno l’orto che con grande orgoglio  ci porterà a visitare. In questo viaggio di ritorno al passato, ci sediamo a chiacchierare , una narrazione che attraversa la sua vita, è nato proprio qui nella casa diroccata alla nostra sinistra, dove all’epoca non c’era luce e l’acqua bisognava andarla a prendere con la brocca al torrente e per poter cuocere il pane bisognava andare nel bosco a raccogliere le fascine di legna. Con una punta di malinconia tra se e se afferma che si si stava bene anche se mancava tutto. Ora ritorna a Voltarina per curare la vigna e l’orto come a voler perpetuare un legame antico che non si è mai interrotto. La valle con il suo silenzio il verde che ti circonda  è come un ventre materno che ti accoglie e ti protegge. Uno scatto per  fissare questa splendida giornata,  sulla piccola rotonda in cemento dove durante le feste un tempo  si ballava, segna la conclusione di un pomeriggio vissuto nella riscoperta  di luoghi troppo spesso dimenticati, e pensare che poco più in là il faro Civita grande attrattore turistico catalizza tutte attenzioni su di se. Le storie del narratore Realino  fluiscono senza farci accorgere che abbiamo superato la temuta salita, stanno a significare che Vetriolo può e deve essere una tappa obbligata con un narratore di comunità, la sua è una storia da recuperare e tramandare.

L’origine del nome e del paese si deve ai lavoratori della miniera di solfato di ferro attiva tra la fine del 1400 e la prima metà del 1500. L’amministratore unico di Casa Civita Francesco  Bigiotti,  ha assicurato come sia importante ”creare un circuito, un lungo percorso che si allarghi anche alla periferia di Bagnoregio, per offrire a visitatori e turisti un suggestivo viaggio all’interno della nostra provincia per avvalorarne la storia”.

Perchè una comunità senza radici, senza identità storica, è una comunità senza futuro.

 

Foto di Luciano Pasquini

  

  

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