Quella di Patrizia è una testimonianza preziosa per meglio comprendere il valore della cura: per chi la offre e per chi la riceve. Se sei “dall’altra parte” pesi bene la gravità del bisogno dell’altro e il valore di quel qualcuno di cui ti prendi cura.
Patrizia Galeotti, viterbese, una vita da infermiera svolta al Centro di Riferimento per la Nefrologia e la Dialisi dell’Ospedale di Belcolle, un cammino lungo fino al pensionamento avvenuto nell’anno 2020, in cui si è fatto largo il suo impegno nel volontariato. Incontrandola, ci sottolinea di come l’ambiente e l’accoglienza rivestono una importanza essenziale per il benessere nell’ambito sanitario, così come la qualità del rapporto e della comunicazione fra équipe multidisciplinare, pazienti, familiari e operatori, nella sua esperienza professionale si riveli utile a saper sostenere il paziente nelle scelte di cura (prevenzione, diagnosi, dialisi, trapianto). Con lo scopo di trovare la via più adatta per abituarsi a un nuovo stile di vita.
Quando e perché ha scelto questo lavoro?
Terminato l’Istituto Magistrale, dopo un utile colloquio con il mio amato prof. Alessandro Vismara, ho deciso di fare l’infermiera, così dopo tre anni di corso, nel 1979, ho preso servizio in Emodialisi. Me ne sono innamorata e ci sono rimasta fino al pensionamento. Con il primario Prof. Ancarani abbiamo iniziato, fuori orario di servizio, ad andare in tutti i comuni con lo scopo di parlare di donazione e trapianto, aiutando la nascita di AIDO, associazione donatori organi.
Cosa vi ha spinto allora a impegnarvi in un tema così sensibile?
Credevamo molto nel trapianto, anche se si era agli albori, vedere le persone in dialisi, ascoltare e vivere le loro storie, le loro paure, i loro problemi, personalmente è stata la spinta a occuparmi sempre di più della persona.
Quanto è stato forte il distacco nel lasciare il reparto per il pensionamento?
Non è stato un grande trauma perché sono rimasta presente con i pazienti come delegata per l’Associazione Malati di Reni e faccio parte da anni del tavolo del volontariato Asl Viterbo, Donazione Educazione alla Salute, con Avis, Admo; Aido, Associazione Malati di Reni e Coordinamento DOT. Siamo un gruppo affiatato e lavoriamo insieme.
Dove portate la sensibilizzazione al tema delle donazioni?
Andando nelle scuole e nelle piazze, divulgando il messaggio della donazione e, ovviamente, il richiamo al volersi bene cercando di mantenersi in buona salute, ascoltando il linguaggio del corpo con buone pratiche. Da qualche anno promuoviamo anche un concorso per bambini e ragazzi che si chiama “Donare Per DONARSI”, con termine e premiazione dei migliori lavori nel mese di maggio, i bambini riescono a eseguire elaborati bellissimi. Molti degli elaborati sono esposti in ASL.
La lezione di vita che ha acquisito dalla sua esperienza professionale…
E’ stata ed è una esperienza ricca e molto costruttiva, ho sempre cercato di migliorare e allargare le mie competenze e le mie conoscenze, frequentando corsi specifici, corsi di laurea, master, ma soprattutto andando a conoscere, incontrando le persone con cui avevo contatti telefonici per approfondire, collaborare e per lavorare al meglio. Dopo 20 anni di dialisi mi sono dedicata sempre di più agli ambulatori, finché il nuovo primario il Prof. Sandro Feriozzi mi ha distaccata e dedicata alle attività ambulatoriali e trapiantologiche.
Questo ha generato un cambio di passo?
Il prof. Feriozzi mi ha concesso la sua fiducia, consapevole delle mie competenze, e mi ha affidato il compito. Accogliere il paziente e la sua famiglia, condurli serenamente in un cammino, fino al trapianto o alla scelta della donazione da parte di un familiare o un congiunto, rimane un’esperienza bellissima che umanamente privilegia la dedizione al lavoro svolto. Ho avuto il beneficio di vivere la nascita del centro di riferimento, contribuendo alla sua crescita alla sua pienezza di attività per poi assistere a un graduale declino in questi ultimi mesi con grande dolore.
Si riferisce alla chiusura dell’ambulatorio trapianti all’interno del reparto nefrologico di Belcolle. Ce ne spiega esattamente la funzione?
Voglio specificarne nel dettaglio il servizio imprescindibile nel processo prima e post trapianto. L’ambulatorio identificato nelle figure di nefrologo e infermiere di riferimento per i trapianti accoglie i pazienti quando la funzionalità dell’organo è pregiudicata in modo irreversibile, prima che inizi la terapia sostitutiva (emodialisi o dialisi peritoneale), iniziano i colloqui e lo studio per l’inserimento in lista per il trapianto, cercando anche un probabile donatore vivente tra familiari e amici. Lo studio richiede tempo utile ad affrontare e risolvere tutte le criticità del ricevente e del probabile donatore, una volta terminato, viene inviato tutto ai due centri trapianto selezionati, che provvederanno alla visita e all’inserimento.
Dopodiché inizia la seconda fase…
La fase dell’attesa, in cui va seguito il mantenimento in lista, che prevede visite accurate e modalità di interfaccia dialogante con i Centri deposti al trapianto. Si deduce che è assolutamente indispensabile la figura del nefrologo di riferimento e dell’infermiere in queste fasi, nel momento della chiamata per il trapianto e nell’accoglienza/cura dopo il trapianto.
Quindi è un servizio indispensabile all’interno del Reparto?
Decisamente SÌ, in questi ultimi mesi è venuto a mancare il nefrologo di riferimento per motivi di carenza di personale. La ASL si sta impegnando per risolvere in modo definitivo il problema che sta causando rischi e disagi per i pazienti. Speriamo si faccia in fretta.
Ha un particolare interesse che oggi porta avanti? Si affianca ad altre associazioni con cui condivide progetti fortemente inclusivi?
Oltre a quanto ho già esposto, aggiungo di essere volontaria da molti anni anche dell’associazione Viterbo con Amore- Emporio Solidale, di cui condivido i principi, cercando di essere presente al meglio.
L’abbiamo vista sfilare tra le oltre 100 Befane della Calza più lunga del mondo organizzata dal Centro Sociale del Pilastro insieme ad Avis e Admo.
Una esperienza di cuore divenuta ormai da 23 anni una tradizione della città, a cui sono particolarmente legata insieme alla mia amica Paola Massarelli, responsabile di Admo.
Con i giovani come siamo messi? Nel volontariato su cui lei pone uno sguardo attento e impegnato è iniziato un atto rivoluzionario che segna l’ingresso della sinergia tra differenti culture?
C’è una semina costante per aprire a una continuità generazionale verso il bisogno degli altri. Coinvolgiamo i giovani sia come “donazione è salute” sia come “emporio solidale”, si parla di lotta allo spreco, di inclusione, di rispetto per se stessi e per l’altro. L’emporio ha anche una stanza che si chiama “il cielo in una stanza”, è un centro giovani dove viene svolto il doposcuola con le attività culturali per i giovani delle famiglie in carico, in cui sono visibili le nuove culture.
Ci sono azioni di cui sentiamo la necessità. Quale secondo lei è la priorità nel suo impegno oggi?
Dedicare generosamente il proprio tempo e le proprie competenze a chi ne ha bisogno ci rende liberi, felici e appagati. Ci fa vedere il mondo con uno sguardo diverso e ci fa sperare in un futuro migliore.