Il peribolo murario, che cinge il centro storico di Viterbo, è punteggiato da numerose porte urbiche, emblemi della solennità con la quale gli accessi alla città nel corso del tempo divennero segnacoli del potere comunitario, commemorazione di eventi e celebrazioni, oggetto della committenza di illustri mecenati.
Mentre non si sono ancora spente le polemiche relative alla nuova sistemazione relativa alla cosiddetta “passeggiata delle mura”, che ha diviso l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori circa l’opportunità di realizzare superfici pavimentate in ossequio a una presunta istanza di conciliazione tra storicizzato e contemporaneo, mentre frammenti delle sub-strutture di sostegno delle stesse sono state resecate e rimosse per fare spazio alla nuova illuminazione lineare e non puntiforme del perimetro murario, causando l’ablazione di lacerti delle apparecchiature litiche storiche, sorte migliore non hanno le condizioni di conservazione delle strutture che sanciscono l’ingresso in città.
L’interesse verso un ciclo di articoli su questo tema, gli accessi pubblici alla città, comincia da Porta Faul.
La monumentale architettura di ingresso a Viterbo è testimonianza illustre del periodo durante il quale nel XVI secolo si svolse la legazione a Viterbo da parte del cardinale Alessandro Farnese iunior, araldica e neo-feudale affermazione in chiave architettonica del fiorire in città e nel territorio del giglio farnesiano, il diches krinon (il fiore di giustizia) autocelebrativo, esito dell’azione progettuale vignolesca, monumentale mostra trionfalistica, segnata dai corsi ad aggetto intermedio del bugnato liscio, sormontata dal fastigio apicale che ricorda le circostanze di costruzione, inquadrata dall’elemento araldico saliente della famiglia, replicato in assetto simmetrico laterale.
A tali fioriture, dal mese di aprile in poi se ne sono affiancate altre, quelle delle piante infestanti che hanno proliferato propriamente sul cornicione marcapiano, in prossimità dell’iscrizione dedicatoria.
Se non erro, e chiedo ammenda sin da ora qualora dovessi sbagliare, si è trattato di piante di senape (sinapis alba, pianta erbacea appartenente alla famiglia delle brassicacee), particolarmente rigogliose, che devono essersi acclimatate per aver trovato sufficiente quantità di terriccio incuneatosi e stabilmente stanziale nelle commettiture lapidee e sulle superfici litiche dei registri orizzontali del fastigio.
Se la senape fiorita ha acceso di un giallo brillante i campi e i cigli stradali del nostro territorio, si ritiene opportuno ricordare in questa sede che la presenza di piante infestanti su strutture parietali storiche è evidente fonte di degrado.
Il pannicolo radicale, diffondendosi su aree evidentemente ospitali per presenza di terra e di umidità sufficienti, determina l’incunearsi delle radici tra le soluzioni di continuità della pietra, apre varchi ed estende la luce delle stesse soluzioni di continuità.
La pronta rimozione delle piante sarebbe stata pertanto necessaria per assicurare l’ordinaria manutenzione del manufatto architettonico. Non sembra tuttavia ozioso ricordare in questa sede che la rimozione meccanica, a strappo, con preventiva percussione esercitata avvalendosi di strumenti da giardinaggio, determinerebbe l’aggravio delle fessurazioni o fratturazioni in atto del materiale lapideo, o potrebbe causarne di nuove. Sarebbe stata necessaria, dunque, la rimozione per resezione e con l’impiego di diserbanti, sostenibili e non inquinanti, che determinino l’essiccamento delle piante e permettano l’intervento senza apportare danni di carattere strutturale.
A Viterbo, città d’arte e di cultura, la strategia scelta non ha contemplato alcuna rimozione.
Non è stato rimosso alcunché, nell’attesa fatalista-non interventista che il caldo, l’irraggiamento solare e il carattere stagionale delle erbe infestanti facessero il resto. La conclusione della vicenda è ancora sotto gli occhi di tutti: il cornicione sovrastante Porta Faul continua a essere devastato da giganteschi cespi secchi di vegetazione spontanea che hanno avuto tutto il tempo di nascere, crescere, raggiungere il massimo rigoglio e ora punteggiare di ocra e di incuria il registro superiore dell’accesso urbico.
Senza alcun dubbio un’ottima carta d’identità questa, considerando come Porta Faul sia varcata dai turisti che posteggiano nelle aree esterne al centro storico, limitrofe all’accesso pubblico, o in quelle destinate allo scopo nell’immediata area retrostante.
Surreale e contraddittoria questa immagine in concomitanza con la recente manifestazione di San Pellegrino in Fiore che dovrebbe sancire annualmente l’attenzione tributata dalla città al verde pubblico anche in forme espositive temporanee. Ma forse queste considerazioni non fanno presa su chi ritiene che il lasciar correre, sperando nell’essiccamento naturale, sia la strategia migliore.
Arrivederci dunque alle prossime porte!
Ce ne sarà per tutti i gusti: intonaci cadenti e caduti, scritte sui muri, ancora erbe infestanti, rimozione di elementi lapidei sostituiti e scomparsi.