Le case della vita Via dell’Orticello. Il Ragazzo dai capelli rossi

Maria Letizia Casciani*

Se penso all’estate del 1975, mi viene in mente un ragazzo dai capelli rossi, il mio primo vero amore, che arrivò come un miracoloso coronamento di settimane piene di belle cose, piene di vita. Vita vera.
In quelle giornate estive disseminate di novità, divertimenti e nuovi amici nel Circolo Culturale, la mia vita era davvero cambiata, stavolta in meglio. Le svolte della mia vita sono spesso arrivate da circostanze fortunate, da incontri e incroci fortuiti, non prevedibili fino ad un minuto prima.
A giugno avevo pensato di dire addio al mondo crudele e ostile che mi circondava, immergendomi con voluttà nella solitudine casalinga; dopo una manciata di giorni, abbandonato ogni proposito di vita solitaria, mi ero immersa in un mondo nuovo, guardato con sospetto in una primissima fase iniziale, ma che si era rivelato, imprevedibilmente, divertente e accogliente.
La mia innata ritrosìa, per una volta, non riuscì ad averla vinta: sciolto il blocco iniziale, mi tuffai come un pesciolino in quella nuova piscina, senza nascondermi dietro l’ombra protettiva di mia sorella e dei suoi amici.
Lei, infatti, mi aveva presentato molti dei suoi amici, ma c’era un grosso problema: erano tutti molto, troppo, più grandi di me, era eccessivo il divario generazionale e di mentalità che ci separava.
In poche settimane, tuttavia, nell’ambiente del Circolo, riuscii a ritagliarmi uno spazio tutto mio e ad entrare in un gruppo composto quasi esclusivamente di miei coetanei. In quegli anni la divisione delle amicizie per fasce di età era una regola piuttosto rigida, non si sentiva il bisogno di frequentare amici più grandi di età. Si preferiva stare tra coetanei o giù di lì.
Alcuni di quei miei nuovi amici venivano da ambienti molto diversi, rispetto a quelli che ero abituata a frequentare, dato lo strettissimo controllo che i miei genitori avevano fino ad allora esercitato sulle mie amicizie. Stavolta ero riuscita a forzare un po’ la situazione e mi ritrovai tra persone molto interessanti da conoscere.
Parecchi di loro avevano lasciato la scuola ed avevano iniziato a lavorare – come muratori, o idraulici, le ragazze, invece, come cameriere – rendendosi, in questo modo, già indipendenti dal punto di vista economico.
In paese da tempo ferveva l’attività edilizia e c’era anche un indotto consistente legato al turismo.
Anche molti di quelli che frequentavano la scuola superiore erano abituati a trovarsi un “lavoretto” nel periodo estivo, quando il paese raddoppiava o triplicava la sua popolazione per la presenza di migliaia di turisti, italiani e stranieri.
Altri invece svolgevano lavoretti saltuari, in attesa di trovare un posto fisso, magari statale.
L’elemento comune a molti era la scarsa attrattiva che su di essi esercitava lo studio. Ascoltavo stupita le filippiche che questi amici facevano contro tutti coloro che perdevano tempo e anni sui libri, invece di mettersi subito al lavoro, guadagnare e mettere su famiglia.
Anche molte delle mie nuove amiche non provavano una grande attrazione per lo studio: se ne stavano a casa, in attesa di sposarsi col fidanzato, non appena avesse finito l’anno da militare, o, se frequentavano le scuole superiori, preferivano corsi di studio con sbocchi concreti immediati, per poter lavorare come ragioniere o segretarie. Quasi tutte avevano interessi diversi dai miei: leggevano poco, e, se lo facevano, si trattava per lo più di fotoromanzi.
A forza di frequentarle, mi ritrovai anche io a sbirciare quegli strani giornali e, per un breve periodo della mia vita, divenni una avida lettrice delle storie che avevano come protagonista Franco Gasparri, un bellissimo, sul quale le mie amiche proiettavano i loro sogni di conquista amorosa.
Con questo nuovo gruppo si organizzavano spesso pranzi e cene, durante le quali, si ascoltava musica, si ballava. Era un ambiente decisamente più “adulto” di quello al quale ero abituata con i miei compagni di classe. Esistevano già della coppie fisse, che trascorrevano le loro serate avvinghiate a pomiciare, senza alcun imbarazzo.
Dapprima mi trovai a disagio a guardarli, poi cominciai a non fare più caso a tutto quell’ardore esibito, che, di tanto in tanto, sbirciavo, incuriosita.
Non avevo un ragazzo: molti corteggiatori, ma nessun ragazzo.
Poi, proprio durante quelle nostre serate insieme, accadde qualcosa.
La mia attenzione fu attirata da un ragazzo dai capelli rossi, che spesso si metteva “al piatto”, armeggiava, cioè, col giradischi, perché era un tipo che amava molto la musica e creava le basi musicali che permettevano a tutti di ballare.
Muovendo 45 e 33 giri con quelle sue braccia lunghe e delicate, con la pelle chiara e cosparsa di lentiggini (ho sempre avuto un debole per le persone dai capelli rossi), di tanto in tanto si voltava e mi sorrideva: le sue ciglia chiare si aprivano su degli stupendi occhi verdi, che, nel sorriso, si animavano solo per me.
Mi sorrideva! Era a me che sorrideva!
Anche io sorridevo, rispondendo a quelle inaspettate attenzioni, sorpresa, stupita e felice per quelle emozioni, mai sperimentate prima di allora.
Era un ragazzo diverso da tutti quelli che avevo conosciuto fino a quel momento: dolce, affabile e pacato. Non era uno spaccone, non millantava conquiste con le donne, non era mai brusco con nessuno. Era la gentilezza fatta persona e lo adorai subito. Non fu una grande fatica, perché era adorabile.
Passammo molto tempo insieme a tutto il gruppo, mimetizzati, ma in vigile attesa, studiandoci e conoscendoci.
Amavo quella sua dolcezza e decisi che quel ragazzo alto, magro, con lunghi capelli rossi mi piaceva molto. A quel punto cominciai ad essere preda dei dubbi: anche lui provava qualcosa per me? Era attratto da me? E soprattutto: era fidanzato?
Cominciò una lunga fase di confronto con le mie amiche più esperte – in particolare con quelle già fidanzate – affinché mi aiutassero a decifrare i segnali. Il responso di quel particolare collegio fu che certamente lui era interessato a me, ma era di sicuro frenato dalla timidezza.
Oddio, che guaio! Come fare?
Cominciarono i sondaggi: le ragazze spinsero i loro fidanzati a tastare il terreno, per sapere quali fossero le intenzioni del candidato. Venne fuori che erano serie. E quello fu un passo avanti notevole. Non stavo più nella pelle!
Si profilò, però, un ostacolo inaspettato: era un timido incallito e terrorizzato dal primo passo. Alcune avanguardie si incaricarono di sciogliere i nodi più complicati, ma la situazione restò per un po’ in una fase di stallo.
Ero contemporaneamente felice e angosciata: quando si sarebbe dichiarato? E, soprattutto, lo avrebbe mai fatto? Le rispettive diplomazie si misero di nuovo attivamente al lavoro e poi la situazione si sbloccò, con grande sollievo di tutti.
Una sera di settembre, il 16 – per essere esatti – durante una cena del nostro gruppo in pizzeria, mi chiese se volevo essere la sua fidanzata. Ricordo ancora con precisione dove eravamo seduti ed il senso di felicità che mi colse in quell’istante. Dissi che sì, certo, volevo essere la sua fidanzata.
In questo modo il ragazzo dai capelli rossi entrò nella mia vita e per circa quattro anni la rese migliore.
Era un amante della musica rock ed imparai avidamente da lui quello che c’era da sapere in proposito. Con lui diventai una accanita lettrice di “Ciao 2001”, una rivista musicale che raccontava tutto, ma proprio tutto di musicisti e dischi. E cominciai a disquisire di chitarre e batterie come se non avessi mai fatto altro prima di allora.
Una meravigliosa mattina, un martedì, qualche giorno prima che iniziassero le scuole, mentre nella sala dischi del Club noi due soli stavamo ascoltando “Made in Japan” dei Deep Purple, sulle note di “Smoke on the water”, una canzone non precisamente romantica, ma con uno Ian Gillan in grande spolvero, il ragazzo dai capelli rossi osò: mi prese con delicatezza le spalle e mi fece voltare leggermente, guardandomi. A mia volta, lo guardai, guardai quagli stupendi occhi verdi. E su quelle note di hard rock sperimentai il mio primo, vero, bacio.

*Maria Letizia Casciani è nata in un paese della Tuscia. Ama molto leggere, in particolare romanzi e saggi. La scrittura è una passione che coltiva nei ritagli di tempo rubati al lavoro. Vive e lavora a Viterbo.]

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