Le case della vita Via dell’Orticello. Fratture

di Maria Letizia Casciani*

Il ragazzo dai capelli rossi non piaceva a mia madre. Quell’essere tenero, gentile, mai sopra le righe, rispettoso e pieno di premure, non le andava a genio.

Tempo prima, anni prima, doveva essere accaduto qualcosa che, irrimediabilmente, impediva ogni legame tra me e lui. Ne conseguiva che, essendo persona non gradita a mia madre, era vietato frequentarlo.

Provai con una certa insistenza a farmi spiegare da lei il motivo di quel divieto, di quella ostilità, ma, nonostante ogni tentativo, non mi riuscì di sapere nulla; ottenni solo di accrescere la sua resistenza a discutere con me dell’argomento e di rendere la sua irritazione più palpabile e dunque più pericolosa.

Mia madre odiava fare discussioni, soprattutto quando capiva che esse avevano lo scopo di farle cambiare idea. Non era tipo da cambiare idea. Fu dunque irremovibile su questo punto e, nonostante ogni tentativo di confronto, ribadì il suo divieto totale.

Per me, il fatto di essere colpita da quella proibizione, significava che non avrei potuto passeggiare con quel ragazzo in paese, non potevamo farci vedere in giro insieme, anche solo mano nella mano.

In quegli anni, gli anni Settanta, quando erano interessati “seriamente” ad una ragazza, gli aspiranti fidanzati si presentavano a casa sua e si facevano conoscere dai genitori. A quel punto entrambi acquisivano lo status di “fidanzati a casa” e si potevano presentare senza problemi in piazza ed in tutte le occasioni pubbliche.

Niente di tutto questo era possibile per noi due.

Eravamo diventati di colpo e senza appello due clandestini, due reprobi, anche se avevamo scoperto di provare semplicemente dei sentimenti delicati e ci conoscevamo appena.

Come massima concessione, si sarebbe potuto tollerare di vederci insieme nelle uscite pubbliche di tutto il nostro gruppo, pranzi o cene, ma niente di più. Insieme sì, ma tra tanta gente, confusi nel mucchio, non da soli e – ovviamente – non sarebbe dovuta trasparire alcuna confidenza tra noi due davanti “alla gente”. Mai.

La pena se avessi trasgredito ordini tanto severi? Restare a casa a scontare una pesantissima punizione, senza poter uscire di pomeriggio, per settimane, o mesi.

Mi prese un senso di disperazione. Ma fu la disperazione di un attimo appena: la rabbia e la determinazione, di colpo, si impadronirono di me.

Mi dissi: “Prima mi costringete a forza ad uscire di casa, a farmi nuovi amici, a crearmi relazioni nuove e poi, quando succede qualcosa che non vi garba, mi minacciate con l’isolamento diurno?”

Dov’era la coerenza, in tutto questo? Non c’era affatto.

In quell’occasione la mia famiglia non fece bene i conti con la “me guerriera”. Bernardo il Paguro era un essere pacifico e timoroso, certo, ma, quasi di colpo, dimostrai che possedeva, alla bisogna, due chele affilate e taglienti.

Quello fu l’inizio della mia ribellione e forse non aspettavo altro.

Avevo trascorso buona parte della mia infanzia sotto la cappa delle proibizioni: non si scende a giocare per strada, non si va a casa delle bambine poco per bene, non si va a casa di persone poco conosciute. Si sta a casa, ché è più sicuro e non può succedere niente.

In una frazione di secondo decisi che da quel momento in poi non sarei più stata docile verso nessuna proibizione e cominciai a fare di testa mia.

Non avrei certo rinunciato al mio ragazzo dai capelli rossi che, a pensarci bene, era la sola persona – dopo Lola – che mi abbracciava con amore e mi faceva sentire al centro della sua attenzione.

La sfida a mia madre era aperta: cominciarono i sotterfugi, la vita parallela, le bugie. Tutto, pur di stare con lui. Potevo contare sul sostegno e sulla collaborazione, oltre che delle amiche più fidate, anche di mia sorella, che mi appoggiava in silenzio, senza tanti proclami, coprendo le mie scappatelle e a volte anche i miei ritardi nel tornare a casa.

Con il ragazzo dai capelli rossi ci vedevamo quasi sempre dentro il Club, il luogo ideale per chi, come noi, voleva stare al riparo da sguardi indiscreti.

 

*Maria Letizia Casciani è nata in un paese della Tuscia. Ama molto leggere, in particolare romanzi e saggi. La scrittura è una passione che coltiva nei ritagli di tempo rubati al lavoro. Vive e lavora a Viterbo.]

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