La conferenza all’Ordine dei Medici: Arsenico nelle acque ad uso potabile a Viterbo la situazione è al limite

di Luciano Costantini

L’obiettivo immediato è quello di arrivare da 50 a 10 microgrammi-litro. Oltre il quale la situazione si fa “drammatica”. La soluzione sarebbe centrare lo zero microgrammi, ma per noi italiani è una utopia. Per gran parte d’Europa, per il nostro Paese, per Viterbo e il suo territorio, è il nemico pubblico numero uno. Nella città dei Papi l’asticella è a quota 10, peraltro assai instabile. Stiamo parlando del tasso di arsenico presente nell’acqua. Ma non soltanto. Che causa crescente e principale dei decessi per tumori. Viterbo detiene da tempo il primato per morti da cancro tra le province dell’Italia Centrale. “Arsenico nelle acque ad uso potabile. Quando a preoccupare sono le esposizioni croniche a dosi entro e al di sotto del parametro di legge”, questo il titolo della conferenza organizzata dall’Ordine dei Medici di Viterbo (presidente Antonio Maria Lanzetti) per fare il punto della situazione sanitaria. Un titolo che, per la verità, è assai meno inquietante di quanto l’articolo su “Civitas Hippocratica”, redatto dai medici Antonella Litta, Giovanni Ghirga, Mauro Mocci e Rocco Santarone, denunci in modo puntuale e dettagliato. Un veleno, l’arsenico, che da sempre è letale, ma che negli ultimi 150 anni è andato a mescolarsi a pesticidi, fosfati, anticrittogamici, concimi, insomma ad altri invasivi veleni che vengono sprigionati nell’aria in presenza delle più diverse attività antropiche fino a formare un cocktail micidiale. Tra le attività responsabili si annoverano poi centrali alimentate a carbone, a gas, ad olio combustibile, fonderie, acciaierie, traffico, rifiuti. Risultato è l’arsenico cancerogeno certo di 1 classe che viene associato a diverse patologie oncologiche, tra cui il tumore al polmone, alla vescica, al rene, alla cute. E a malattie anche non neoplastiche, come quelle cardiovascolari (infarto, ictus cerebrali, ipertensione arteriosa). L’arsenico è in ciò che si mangia, in ciò che si beve, in ciò che si respira. Una serie di deroghe, fissate negli anni dalla Commissione Europea, ha fatto scendere da 50 a 10 microgrammi-litro la soglia di presenza di arsenico nell’acqua. Viterbo è al limite, tanto è vero che sono frequenti per quanto ballerine le ordinanze comunali di “non potabilità”. Sei i Comuni della Provincia “fuorilegge”, che cioè non raggiungono i parametri di sicurezza richiesti: Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania. L’articolo su “Civitas Hippocratica”, ovviamente sollecita interventi rapidi a robusti, come i più moderni sistemi di depurazione, almeno per contenere la crescita dell’arsenico, e poi una limitazione delle inarrestabili attività antropiche, della penetrazione sempre più profonda dei prelievi idrici e nell’immediato un più puntuale monitoraggio sanitario, analisi del sangue, delle urine, dei capelli, delle unghie. Con particolare attenzione per i bambini che sono tra i più esposti al rischio. E se è vero che l’aspettativa di vita è aumentata, è scesa però la qualità. Non è la dose che fa il veleno, ma per quanto tempo la si porta avanti. “A Viterbo – ammette l’assessore al Bilancio Elena Angiani – la situazione è preoccupante. E pure costosa perché sulla depurazione idrica spendiamo tanti soldi. Intanto cerchiamo di miscelare l’acqua, in attesa che Talete ed Arpa (Associazione regionale per l’ambiente) possano parlare la stessa lingua. Perché ad oggi presentano rilevamenti spesso diversi sulla presenza di arsenico. E lo fanno con ritardo. Da qui le ordinanze che talvolta sono pubblicate quando l’emergenza è passata”.

 

L’articolo su “Civitas Hippocratica: Litta-Ghirga-Mocci_articolo-AS.pdf

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