Lunedì 31 gennaio 2022 il quotidiano online “La città” ha chiuso le pubblicazioni. Cioè ha cessato di vivere. Ha raccontato con garbo, ma pure con nitida e imparziale visione, la realtà viterbese per trenta anni. Quello che il direttore responsabile, Mauro Galeotti, stila è un bilancio non limitato esclusivamente alla voce generica “editoria”, ma è soprattutto una riflessione più ampia su Viterbo e la Tuscia, sulle sue mutazioni sociali, i personaggi, i ricordi, le prospettive, i rimpianti, le speranze.
“Un giornale che cessa le pubblicazioni – dice – è come chiudere una voce libera. Impedire di pubblicare i contenuti di chi vuole far conoscere ai lettori le proprie opinioni, le manifestazioni svolte, la cultura diffusa, le immagini che fissano per sempre momenti della vita, i respiri delle emozioni, sì perché se accosti l’orecchio al computer senti il cuore di chi scrive che palpita. E’ come sigillare il tappo della botte e non far sapere quanto è buono il vino al suo interno. Ma il vino al suo interno resta, si conserva, è nella memoria di chi ha scritto su quel giornale. E si fissa nella memoria di chi ha letto. Mi resta tutto questo che si unifica in un’anima che ha vissuto bei momenti, perché sei quello che ha dato voce a chi voleva parlare. Senza limitazioni, anche se a volte discorde con la mia sensibilità, le mie opinioni. Non meno la soddisfazione di aver consentito a numerosi ragazzi di iscriversi all’Albo dei giornalisti ed esaudire un loro desiderio”.
Come è nata nel 1992 l’idea di creare prima il giornale settimanale su carta, poi il quotidiano rapporto on line con la comunità viterbese?
“L’idea è nata grazie alla voglia di stare accanto alla gente, di infilarmi in mezzo a loro e ascoltare, raccogliendo le sensazioni, i piaceri, i dispiaceri, i problemi, i ricordi, la memoria… E pubblicare, pubblicare, pubblicare… Perché nulla andasse perduto, regalando senza spese la copia del giornale al lettore. Poi il 9 gennaio 2012 decido di interrompere la stampa del giornale per creare su internet il quotidiano www.lacitta.eu. Una svolta importante, sia per il risparmio delle spese per la stampa, sempre molto onerose, sia per la divulgazione del giornale, che prima era consegnato nei bar della città e una volta terminate le copie in quel locale, lì terminava il contatto coi lettori. Con internet è rivoluzionato il mondo dell’informazione perché il giornale è sempre disponibile alla lettura, lo puoi leggere da casa, anche in pantofole, a ogni ora, resta online sempre, pronto a essere consultato quando vuoi. E’ davvero una svolta per la conoscenza di ciò che accade intorno a te e inoltre, fattore non trascurabile, è gratuito”.
Il tuo giornale ha scelto fin dalla nascita e sempre scrupolosamente seguito la linea di pubblicare notizie di tipo culturale, riportando al minimo indispensabile quelle politiche e di cronaca nera con evidenti limitazioni del bacino di lettori. Una scelta professionale o che altro?
Dopo 38 anni in cui ho lavorato al Consorzio Biblioteche di Viterbo nel settore Attività culturali, ho accumulato un prezioso bagaglio di esperienze perché a contatto con il mondo di chi vuole esprimere se stesso, scrivendo libri, realizzando mostre, convegni, incontri, manifestazioni e ciò ha stretto la mia conoscenza ad un settore che vuole dare informazione, arricchire l’io delle persone, quindi decidere di realizzare un quotidiano in cui dominasse la cultura, è stato un passaggio di cui neppure mi sono accorto per quanto ormai era insito in me di diffondere la conoscenza. Ho sempre ritenuto che pubblicare notizie di cronaca nera al lettore dà solo tristezza, rabbia, dispiacere, rammarico, paura, perché è quello che provo io stesso nel leggerle. Non è cultura, è un pugno allo stomaco, e so bene che la cronaca nera attira molti lettori, ma è una scelta, è il desiderio di tranquillizzare il lettore che aprendo il giornale senza cronaca nera lo farà tranquillo nell’anima, sicuro di incamerare notizie che allietano la giornata, che gli daranno un qualcosa da prendere e custodire contribuendo alla sua cultura, quella che dà e nulla pretende. Non voglio parlare poi dei comunicati politici, che ho davvero limitato al limite dei limiti, troppo spesso di facciata, troppo spesso ipocriti, troppo spesso partigiani, di gente che scrive per convenienza sia nei loro confronti che del loro ‘capo politico’. Sempre pronti a dire signorsì anche se di opinione differente dal capo. Importante è raggiungere la poltrona al Parlamento, accaparrare l’indennità ossia lo stipendio, sempre troppo elevato, e poi criticare chi è del partito avverso, anche quando afferma considerazioni valide. Tante chiacchiere per raggiungere il nulla, ma per far vedere al pubblico che loro esistono nonostante tutto.
Hai raccontato Viterbo anche attraverso una enorme per quanto preziosa documentazione fotografica. Un patrimonio per l’intera collettività.
A volte quando devo scrivere un articolo, avanti a me ho il bene più prezioso per il giornalista, ossia una candida pagina bianca, vuota. E’ lì, in attesa di ricevere quello che il cervello elabora, lo trasmette alle dita, che battono velocemente i tasti del computer per non perdere il filo del discorso che è già in mente, e la pagina si riempie di vocali, consonanti, virgole, punti, a capo, maiuscole. Sei tu a decidere tutto. E’ lo stesso per il pittore che ha davanti a sé la tela bianca e col pennello può creare qualsiasi cosa, entrare in un mondo che ha già costruito nella sua mente. Ma la soddisfazione più grande è quando al tuo scritto alleghi una foto, due foto, tre foto, e se sono d’epoca allora scatta la memoria di ciò che vedi. Ricordi il momento in cui quell’immagine è stata fissata in eterno, un momento che nessuna frase può eguagliare. Sei tu stesso che stai scrivendo a fissare il sentimento grande di un ricordo che forse era andato perduto nella miriade di caselle dei ricordi che sono custodite e conservate in te. Raccolgo foto, cartoline e immagini da quando ero ragazzo, avevo 15 anni, quando mia mamma Bruna Matteacci e mio padre Vinicio, due angeli in cielo, mi consentirono di acquistare un meraviglioso album del 1920 in cui erano imprigionate, tra i fermi di carta, un centinaio di vecchie cartoline originali di Viterbo. Lì è scattata la febbre del collezionista, raccogliere, raccogliere, raccogliere raggiungendo sempre quel principio che l’immagine che più ambisco è quella che non ho. Un patrimonio incalcolabile di immagini, sono migliaia e migliaia e migliaia, servirebbe realizzare un ‘Museo della fotografia viterbese‘, e chissà se prima di salire lassù, accanto ai miei genitori, si possa realizzare questo desiderio.
Come era la città 30 anni or sono e come la vedi oggi? Sicuramente è cambiata, ma in meglio o in peggio?
Sono nato il 2 gennaio 1951 a Viterbo nel Convento di santa Maria del Paradiso, allora si partoriva a casa, in una piccola abitazione che faceva parte del complesso religioso e, ironia della sorte, pur avendo tante foto non sono riuscito a trovare più quella della mia casa prima che la demolissero. E’ il cambiamento della nostra Viterbo, che ha subito tanti sconvolgimenti durante l’era fascista, la copertura del Torrente Urcionio, la demolizione del Convento della Pace, quello di san Domenico con la chiesa omonima in Via Garibaldi. I violenti bombardamenti del 1943-1944 che hanno distrutto mezza città, per non parlare poi dei “bombardamenti” operati dopo la guerra da chi distrusse ciò che poteva ancora essere conservato come la Torre di Rolando Gatti sul Corso Italia, la Chiesa e il Convento di sant’Agostino vicino alla Chiesa della Trinità, il Palazzo Borgognoni in Via della Verità, Castel Firenze in Via santa Maria della Grotticella e qui mi fermo. Ma ci sono anche molti miglioramenti ai monumenti, come il Palazzo papale, il Palazzo Farnese, il Palazzo Mazzatosta. Negli ultimi trent’anni, come mi chiedi, una brutta costruzione è quella in Via Matteotti, sorta al posto del settecentesco Palazzo Pocci. Poteva essere evitata, è uno scempio che dà fastidio agli occhi. Ma il cambiamento sostanziale è il comportamento dei Viterbesi, trent’anni fa un po’ assopito, un po’ sonnacchioso, oggi grazie all’evoluzione dell’informazione on line, grazie ai social, ognuno è più vivace e partecipe agli avvenimenti cittadini, pronto a discutere di tutto su tutto.
Cosa che non è mai cambiata la tua abitudine di indossare il papillon…
Eh sì, fin da ragazzo ho sempre avuto il piacere di evitare la cravatta, mettevo sulla camicia dei nastrini, dei laccetti, poi ho deciso di indossare la farfalla, i papillons. Me li cuciva la mamma, prendeva le misure del collo e me li confezionava. Ne ho davvero molti. Poi un incontro con Alberto Selvaggini, che aveva il bar a destra prima di uscire da Porta della Verità. Portava sempre la farfalla, un giorno mi disse di metterne un tipo che ti obbligava ogni volta a farvi il collo e poi a scioglierla. Me ne regalò una decina che erano realizzate in Israele. Per me fu svolta perché quella farfalla non era statica come quelle cucite da mia madre, sempre fisse allo stesso modo. Infatti la farfalla da fare ogni volta che la indossavo assumeva un aspetto sempre un po’ diverso: ora pendeva da una parte, ora dall’altra, a volte era un po’ più lunga o più corta. Poi un giorno conoscendo Primo Nocilli lo vidi girare per Viterbo con un grosso fiocco al collo. Fiero, disinvolto, alto, con il cappello a caciotta, i capelli rasati, era un personaggio incurante dei giudizi dei passanti, sempre un po’ a sfottò, ma lui niente. Il fiocco era un cimelio. Quando morì pensai anch’io di indossare il fiocco, ma non sapevo come fosse fatto. Chiesi al figlio di Primo, Sparterio, di mostrarmi un fiocco del padre. Il fiocco veniva allacciato al collo con un laccetto. Chiesi a mia madre di realizzarmene uno a girocollo e lei me ne fece molti. Li conservo tutti gelosamente. Da allora ho continuato a incuriosire chi mi vedeva, fiero comunque di aver preso l’eredità da un bell’uomo, distinto, pieno di gioia nell’indossare un oggetto che arricchiva il suo vestire e il suo aspetto. Fierezza che mi è rimasta ricordando i fiocchi dei nostri bisnonni.
Qual è la tua più grande soddisfazione, il tuo più grande dispiacere e magari il tuo sogno non realizzato?
Grande soddisfazione è essere nonno di Sara e Matteo, tutti e due hanno tre anni e con loro trascorro ore deliziose, parlandoci e insegnando i numeri, il significato delle parole, disegnando, giocando con le costruzioni, con le macchinine, con le bambole. Mi fanno ritornare a quando ero bambino, quando avevo uno, due giocattoli, sufficienti per essere felice. Oggi cerco di far apprezzare loro come mi divertivo con poco e con giochi semplici: battimuro, tappetti, palline, figurine, un mondo perduto sopraffatto da giochi che rendono inattiva la mente e il movimento. Dispiaceri? Aver perduto i miei genitori, vedere la nostra città troppo trascurata, non rispettata, vedere i monumenti che cadono a pezzi senza che nessuno faccia nulla. Il sogno? Quello di poter raccogliere tutto il materiale, migliaia e migliaia di pezzi, che ho accumulato in 56 anni assieme a mio padre. Libri, foto, cartoline, stampe, manifesti, santini, etichette, medaglie, ceramiche e terrecotte, tutti riguardanti Viterbo e i paesi della provincia ed esporli perché possano essere motivo di studio, di ricerca, di amore per una terra antica come la nostra. Viterbo è casa nostra. Le porte nelle mura castellane sono l’uscio della nostra abitazione, le facciate dei palazzi sono le pareti, le strade il pavimento, le piazze le stanze, mancare di rispetto ad esse è una violenza alla nostra intimità.
Un aneddoto, un personaggio, che resta nel tuo album dei ricordi di giornalista e di uomo?
Personaggi ce ne sono tanti incontrati nella mia vita, Attilio Carosi, Mario Signorelli, Corrado Buzzi, Bruno Barbini, Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio, Italo Faldi, Francesco Maria D’Orazi, studiosi che ho apprezzato per la loro cultura e che non sono più tra noi.
Molti gli studiosi in vita che stimo e ai quali voglio bene: Luciano Osbat, Noris Angeli, Alfio Cortonesi, Giancarlo Breccola, Enzo Bentivoglio, Simonetta Valtieri, Paolo Giannini, Giuseppe Giontella, Fulvio Ricci, Antonio Quattranni, Quirino Galli, Romualdo Luzi. Tutti mi hanno regalato le loro conoscenze, la loro amicizia. Aneddoti tanti, ma voglio ricordarne uno. Quando negli anni ’70 assieme a mio padre mi recavo nella ex Chiesa di santa Croce sulla Valle di Faul adibita a raccolta della carta gestita da Ferdinando Puccioni detto Fiore, era frequente la presenza di un uomo onesto e laborioso che tanto ha sofferto nella vita: Alfio Pannega. Sapeva che raccoglievo tutto ciò che riguardava Viterbo e come trovava qualcosa che potesse interessarmi me la cedeva. Non chiedeva mai nulla in cambio, nobile d’animo quale era, e io certo trovavo sempre il modo per ringraziarlo considerando quanto difficile fosse la sua vita. E’ stato un uomo che mi ha insegnato ad apprezzare la vita, quella di tutti i giorni, quella semplice, quella genuina, quella dell’amore per le piccole cose che donano la felicità di vivere.
“La Città” chiude, però Mauro Galeotti, ne siamo certi, non abbandonerà la sua vocazione di giornalista. Che futuro lo aspetta?
“Sono giornalista dal 1986 è un’attività che si attacca addosso alla giacca e non ti lascia più, penetra oltre la camicia, la maglietta della salute, supera la pelle ed entra nelle ossa, resta sempre con te. Vive in te. Il mio futuro è già presente perché ho già attivato su Facebook una pagina che ha per fine la memoria della nostra terra viterbese. Propongo, infatti, vecchie foto che sono la mia prerogativa, ne ho molte migliaia sia di Viterbo che dei paesi della provincia. Ciò mi stimola e stimolerà i lettori nel ricordare persone conosciute e un po’ dimenticate, ricordare avvenimenti passati, rivedere parenti ed amici in situazioni da non scordare. Insomma, un salto veloce nel passato, proponendo commenti che stimolano commenti su commenti, ricordi su ricordi, una unione di riflessioni in compagnia di tante persone vinte dalla curiosità di trovare quello che cercano: qualcuno, qualcosa. Questo il link della pagina su Facebook https://www.facebook.com/groups/424267198016459“.

Nella foto: Mauro ed Orietta insieme ai nipotini Matteo e Sara





























