“János Balázs non suonava ma accarezzava, danzava, faceva l’amore con il pianoforte”

di Maria Teresa Muratore

Janos Balazs

Giovedì 5 ottobre sono stata al concerto “Virtuosismi Pianistici” nell’ambito del programma “I bemolli sono blu” nella Chiesa di San Silvestro a Viterbo

Al piano János Balázs.

Amo molto la musica ma confesso di essere ignorante della materia, per esempio non avrei saputo abbinare ieri i brani ascoltati con gli autori sul programma: Wagner, Liszt, Schuman, Sanit-Saëns, Balázs, Rachmaninov, Puccini, Brahms, Cziffra, Dubrovay, Ponce, J. Stauuss. ma, ho potuto godere delle loro composizioni suonate in maniera così particolare, unica, coinvolgente.

János Balázs non suonava ma accarezzava, danzava, faceva l’amore con il pianoforte.

Era come un tutt’uno con la tastiera e lei rispondeva pronta al tocco ora leggero ora energico delle sue dita che si muovevano veloci sopra di lei.

Rispondeva con la stessa passione con cui veniva sollecitata, infiammata, scossa, posseduta direi e, mentre le sue dita la percorrevano tutta, rapide, lei si lasciava plasmare e le note uscivano stupende, scaturivano ora cristalline ora profonde mentre noi ci lasciavamo rapire dal turbinio della musica.

È stato uno spettacolo incredibile, alla fine di ogni pezzo lui si alzava per accogliere e ringraziare del lungo applauso che era sempre più caloroso, e anche il pianoforte, si capiva benissimo, partecipava contento a quel tributo, e nello stesso tempo la tastiera fremeva perché impaziente non poteva aspettare quei pochi minuti che le sembravano un’eternità a interrompere così quel fuoco di passione condiviso. Ed ecco che lui si rimetteva seduto e di nuovo con le su mani la faceva vivere e lei per lui, con lui, dava il meglio di sé mentre le mani su di lei che correvano a frugarla erano due ma sembravano quattro.

Suoni ora dolci ora sospesi ma per lo più vivaci, prorompenti, intensi, impetuosi… Stupendi.

Vibrava senza sosta, sensibilissima al tocco del maestro che la corteggiava dapprima teneramente e poi in modo crescente e sempre più esigente, coinvolto lui stesso, in un abbraccio sempre più intimo che non poteva, non voleva più sciogliere. Un intreccio di mani e di tasti, la figura di lui che si piegava verso di lei, in un desiderio di vicinanza ancora più stretta, di un dialogare più intimo, un sorriso vago che affiorava di tanto in tanto sul suo viso, assente per il resto del mondo che eravamo noi in quel momento, un sorriso di piacere, come quello di un ballerino che nel vortice della musica fa fare una piroetta alla sua compagna e lei lo asseconda leggera e lui azzarda e sa già che lei gli risponderà indovinando e precedendo quasi i suoi movimenti, perché sono una cosa sola nella passione che li unisce.

Volavano quelle mani, e un inno alla vita sembrava che uscisse, insieme alla musica, da quei tasti.

 

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