Gli affreschi della Tomba di François di Vulci

di Francesca Pontani

«Il giorno era diviso dalla notte, la terra dall’acqua, i cippi, i segnacoli che delimitavano le proprietà erano al loro posto, fino a quando vennero gli invasori, con i loro schiavi che portarono il caos» (Fiore etrusco, Vincenzo Allegrezza)

Alessandro François
Quando nel 1857 Alessandro François dava inizio ad una campagna di ricerche a Vulci la situazione archeologica del sito non era delle più propizie per attendersi risultati importanti. Gli intensissimi scavi che Luciano Bonaparte, proprietario delle immense tenute agricole attorno al sito di Musignano e al Castello della Badia, aveva intrapreso negli anni Venti e Trenta dell’Ottocento avevano portato alla scoperta e alla spoliazione di una serie innumerevole di sepolcri i cui corredi erano andati ad arricchire le collezioni del Museo del Louvre.
Il François puntò la sua attenzione sul settore di necropoli che prospettava sul cosiddetto Ponte Rotto, uno degli accessi da est all’antica città. Anche quest’area della necropoli era stata ampiamente investigata e pareva davvero impresa disperata pensare che ancora qualcosa si nascondesse. Tuttavia l’attenta osservazione del terreno, e in particolare una fila di vecchie querce disposte ortogonalmente al ciglio del pianoro, indussero il François ad affondare proprio lì i picconi della sua squadra di operai.

Una tomba intatta a lume di candela
Dopo un lunghissimo lavoro di sterro del dromos si raggiunse finalmente alla profondità di oltre 15 mt. dalla superficie, l’ingresso, ancora perfettamente serrato con lastroni di pietra, di una tomba intatta.
Alla fioca luce di una candela egli penetra nella “grotta” (cit.) e immediatamente scorge intorno a sé pareti intonacate e dipinte, con scene figurate perfettamente conservate e lucenti di umidità, rappresentanti eroi del mito greco immediatamente riconoscibili grazie alla presenza accanto alle figure dei nomi scritti.
Solo lo spazio centrale presenta decorazioni pittoriche di tipo complesso: eroi del mito greco sulle pareti sinistre ed eroi del mondo etrusco su quello destro.

Càile e Avile Vipìnas
E’ raffigurata l’impresa dei fratelli vulcenti Càile e Avile Vipìnas che massacrano, in un agguato notturno, una serie di avversari etruschi campioni delle città di Volsinii (Velzna), Sovana (Svèama) e altri centri. L’impresa dei Vìpinas, che deve immaginarsi accaduta nella prima metà del VI secolo a.C. se, come risulta dalle fonti latine, uno dei protagonisti della vicenda diverrà re con il nome di Servio Tullio, ha come obiettivo la conquista di Roma.
Fulcro del programma figurativo è la scena che immortala l’immagine del fondatore della tomba, Vel Saties, intento in un’azione di auspicium (consultazione del volo degli uccelli) rappresentato accanto all’immagine del padre.

Un programma ideologico
Oggi la tomba appare con le sue mura tristemente spoglie.
La tomba è datata, sulla base della ceramografia magnogreca, tra il 350 e il 325 a.C., e sembra rappresentare un programma ideologico legato alla celebrazione di Vel Saties, che ha voluto ricordare un’azione da lui compiuta ed evidentemente ritenuta di grande importanza nel corso della feroce guerra che ha posto a confronto Tarquinia, e probabilmente altre città etrusche tra cui Vulci, a Roma tra il 358 e il 351 a.C.
L’ideatore del ciclo ha dunque voluto sottolineare la continuità storica tra un episodio della guerra di Tria, che ha visto i Greci prevalere sui Troiani, un episodio della storia mitica della Penisola italiana, con la conquista di Roma da parte degli Etruschi di Vulci, e un episodio della contemporaneità in cui Tarquiniesi e Vulcenti, assimilati ai Greci, hanno prevalso sui Romani che si ritenevano discendenti dei Troiani. Si tratta di uno sviluppo narrativo che rende bene l’idea della concezione ciclica della storia da parte degli Etruschi, una concezione per la quale gli avvenimenti umani sono già scritti dall’inizio dei tempi e si ripetono secondo ritmi costanti.

Dove sono gli affreschi della Tomba François?
Questo insigne complesso di affreschi è stato maldestramente strappato dalle pareti della tomba ed è oggi conservato presso i proprietari, i marchesi Torlonia, nella loro villa romana di via Salaria.

Per approfondire
http://www.digiec.unirc.it/documentazione/materiale_didattico/1465_2014_378_19790.pdf

https://www.academia.edu/21607480/A._Montesanti_La_tomba_Fran%C3%A7ois._Una_guida_InStoria._Rivista_online_di_Storia_e_Informazione_nn._2_3_4_Luglio_Agosto_Settembre_2005

Prossimo appuntamento il 20 giugno a Tarquinia

Foto Francesca Pontani

Francesca Pontani* – www.francescapontani.it – Archeologa del comitato scientifico del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano. Egittologa, conoscitrice di lingue antiche come i geroglifici, la lingua sumerica e accadica, la lingua etrusca, lavora nel mondo del web. Nel blog e sul canale YouTube ArcheoTime sono visibili le sue camminate archeologiche on the road. Innamorata della comunicazione e della scrittura, guida i lettori di TusciaUP nella conoscenza del nostro territorio attraverso Tour di Archeologia in Tuscia.

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