Il Quintetto per archi in do maggiore, D.956 Romatre orchestra in concerto

con il Quintetto per archi in do maggiore, D.956

Composto nell’ultimo anno di vita di Schubert, nel 1828, il Quintetto per archi in do maggiore rappresenta uno dei vertici assoluti della musica da camera di tutti i tempi. La scelta dell’organico, con due violoncelli invece delle consuete due viole, conferisce all’opera una sonorità particolarmente calda e profonda, capace di fondere lirismo e tensione drammatica in un equilibrio di straordinaria ricchezza espressiva.

Fin dalle prime battute dell’Allegro ma non troppo si percepisce la vastità di respiro sinfonico e la continua alternanza tra luce e ombra che percorre tutta la partitura. Il celebre Adagio, con la sua melodia sospesa e il suo silenzioso senso d’eternità, è uno dei momenti più alti dell’intera produzione schubertiana, un luogo di pura contemplazione che sembra sottrarsi al fluire del tempo. Lo Scherzo esplode poi in un’energia quasi beethoveniana, contrapposta alla malinconia profonda del Trio, mentre l’Allegretto conclusivo chiude l’opera con una serenità solo apparente, attraversata da un’intima inquietudine.

Ultima grande creazione cameristica del compositore, il Quintetto D. 956 è un vero e proprio testamento musicale: in esso Schubert racchiude la pienezza della sua visione poetica, unendo intimità e grandezza, dolcezza e tragedia, in una sintesi che continua a commuovere e a incantare.

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