Egidio Storelli: un racconto breve,leggero come una “Bolla di Sapone”

Egidio Storelli, scrittore già autore del libro il Cane Nero, risiede a Caprarola, ci diletta con racconti brevi ,short story che sono una sorta di passaggio obbligato nella narrazione delle tradizioni  dei paesaggi e delle figure del suo vissuto.

Racconti infatti che sembrano affondare nelle proprie radici corredati da una fantasiosità che ne differenzia lo stile. In questi momenti di isolamento dal suo profilo social ci consiglia questo racconto breve:” Eccolo qua, leggero leggero come una “BOLLA DI SAPONE”:

Ammettiamo il caso che, una mattina ci svegliassimo e…

E’ estate, il sole ste per sorgere, sarà una bella giornata assolata,, ma calda e afosa. Durante la notte si è boccheggiato: l’afa ha imperversato, quindi oggi bisognerà rimanere chiusi in casa, mangiare leggero, molta frutta e bere molto: così dicono alle persone anziane e sofferenti di cuore.
Stefano si adegua, è un settantenne in buona salute, se non fosse per quei capricci del battito cardiaco che, a detta del cardiologo, potrebbero diventare pericolosi. Esce presto per la solita, salubre passeggiata mattutina, ancor prima che la luce solare faccia aprire gli occhi al tutto e anticipando il tran-tran giornaliero e traffico cittadino di quegli ammassi ferrosi che diventeranno padroni della terra.
Le strade della città sono ancora semi deserte: solo qualche autista assonnato dopo aver passato la notte da viveur; metronotte stanchi, ma soddisfatti al pensiero del cuscino. qualche saracinesca inizia ad alzarsi con quel classico rumore metallico, facendo da sveglia al quartiere come il canto di un gallo.

Il cielo non è ancora chiaro. Stefano, come tutte le mattine, si incontra con il sua amico Paolo, che esce presto di casa per accompagnare, a guinzaglio, il suo “Fido” a soddisfare necessità corporali accumulate dalla sera prima.
Però, stranamente, stamattina il cane è inquieto, tira il padrone con tutta la sua forza, si ribella. E’ come se qualcosa gli mettesse paura. Paolo fa fatica a tenerlo.
“Cos’ha stamattina? Lo vedo strano, non è da lui, di solito è calmo e quando mi vede mi fa le feste” dice Stefano, evitando però di fargli la solita carezza.
“Non lo so! Appena messo il muso fuori dal portone, ha iniziato con questo atteggiamento.”
“Forse ti conviene riaccompagnarlo a casa.”
“Non ci penso affatto se prima non fa quello che deve fare. Non voglio farmi inondare e impuzzolire la casa”.
La bestia continua nell’atteggiamento, anzi peggiora: è sempre più nervoso, tira il guinzaglio a destra e sinistra. Non abbaia ma mugola, e stranamente volge spesso chi occhi in alto.
Istintivamente anche ai due viene naturale guardare in alto, ma sono in un viale alberato e vedono solo foglie e rami.
“Sentirà l’odore di qualche uccelletto. D’altronde è un Epagneul Breton e il suo istinto cacciatore non glielo leverà nessuno”.

I due cominciano a notare qualcosa di strano: i pochi automobilisti sembrano tutti frettolosi, accelerano e guardano in alto; uno appena passato, lo ha fatto sporgendo la testa fuori dal finestrino, incurante di quello che avrebbe potuto trovarsi davanti.
Il cielo si è schiarito, si è fatto giorno.
Il cane non vuol sentir parlare di calmarsi: con il muso in alto guarda e subito lo abbassa con occhi che sembrano terrorizzati, fa quest’azione ripetutamente.
“Ma che fanno stamattina, guardano tutti in alto?” dice Paolo.
“Fammi vedere meglio” gli fa eco l’amico spostandosi al centro della strada e allontanandosi dalle fronde degli alberi.
Stefano rimane per qualche attimo impietrito dallo stupore, poi:
“Che cazzo è quello, vieni a guardare, vedi anche tu quello che vedo io, ma che avrò le traveggole?
Lo raggiunge Paolo e anche lui diventa una statua di pietra: in cielo, in zona nord-est, c’è una cosa strana, rotonda, incolore, ferma nella posizione, ma fluttua come una bolla di sapone. E’ indefinibile la sua lontananza e grandezza: alzando il braccio verso il cielo, occuperebbe la misura di un palmo di mano.
“Non hai le traveggole, vedo anch’io! Ma cos’è? Non è una nuvola!”
“E certo! Che le nuvole traballano?”.
Rimangono lì, a osservarla stupiti. Le poche macchine transitano a tutta velocità. Gli esercenti mattinieri abbassano le saracinesche e frettolosamente si avviano verso casa, a testa bassa, passando muro muro, sotto le grondaie, come a volersi riparare da qualcosa che volesse colpirli.
“Paolo, me ne ritorno a casa. Mi fa paura quella cosa, non sarà qualcosa di tossico che ci sta precipitando addosso?”
“Me ne vado anch’io” gli fa eco l’amico, “e anche di fretta. Ciao buona giornata”.

Stefano appena rientrato a casa accende il televisore. Le parole che ascolta dai vari cambi al telecomando sono sempre della stessa sostanza:
“Non si sa cosa sia – potrebbe essere un fenomeno atmosferico – per precauzione rimanete in casa. Uffici e scuole rimarranno chiuse”.
Telefona al figlio:
“Hai visto in cielo? Che cos’è quella roba? In televisione stanno dicendo di rimanere chiusi in casa.”
“Sono ore che sto incollato davanti la TV” riceve come risposta, “Non ci stanno capendo nulla. E’ comparsa improvvisamente stanotte in Asia, poi da loro è tramontata mentre da noi sorgeva.”
“Stanno parlando di fenomeno atmosferico.”
“Ma quale fenomeno atmosferico! Semmai cosmico, visto che è fuori dall’orbita terrestre.”
“Fuori dall’orbita terrestre, e come fanno a dirlo?”
“La cosa è ferma, è la terra che girando ci fa sembrare che sia in movimento: come il sole o le stelle.”
“Non ci posso credere, ma che potrebbe essere? Fa paura guardarla!”
“Sì lo so! Adesso scusa papà, ci sentiamo tra un po’, voglio sentire se ci sono novità”.

Stefano si avvicina a una finestra, appoggia i gomiti sul davanzale, unisce i pugni e ci poggia il mento. Osserva la “bolla di sapone”: immobile nella posizione, ma fluttuante in modo strano, come fosse viva, piena di energia.
In strada non passa nessuno, le persiane delle case sono tutte chiuse, c’è un silenzio irreale, la città non è viva.
“Ma cosa può essere, possibile che nessuno ci capisca nulla?”.
L’uomo è lì, la guarda, mentre sente emergere dentro di se un senso di agitazione, gli cominciano a venire in mente strane, ma possibili conclusioni:
“E se veramente precipitasse sulla terra? Potrebbe essere un enorme nuvolone contenente chissà cosa, magari vapori irrespirabili, tossici, radioattivi o che cazzo ne so io”.
Ora è agitato. Si allontana dalla finestra, la chiude dopo aver accostato la persiana. Fa il giro della casa e fa altrettanto in tutte le aperture; chiude persino la porta d’ingresso a chiave. Accende il televisore, tutte le emittenti sembrano trasmettere a reti unificate, non parlano d’altro:
“Dalla terra i radar non rilevano nulla, è come se non esistesse – Nemmeno i satelliti in orbita riescono ad individuarla – La cosa strana è quel movimento in basso che fa saltuariamente, per poi ritornare alla solita posizione – E’ visibile ai nostri occhi, ma invisibile a tutte le strumentazioni – Sarà un effetto ottico collettivo, non ci sono altre spiegazioni”.
“Ma cosa stanno dicendo, un effetto ottico collettivo? Ma che sono tutti impazziti? Che forse vogliono nascondere qualcosa?”:
Si riavvicina alla finestra. Timidamente la riapre, silenziosamente, come se qualcuno da quella cosa potesse sentirlo. Spinge appena appena di qualche centimetro la persiana in fuori: è ancora lì, con quell’animosità fluttuante. Mentre la osserva nota che si muove, si ferma a una distanza pari a circa tre volte la sua dimensione. Di nuovo immobile, per circa mezz’ora, poi risale e prende la posizione di prima: pare che gli piaccia quel punto.
Il cuore batte forte, ma la curiosità vince anche la paura. Stefano prende il binocolo. Vuole osservarla meglio, ingrandita. Cerca di inquadrarla, ma non ci riesce, prova e riprova, ma niente da fare:
“Ma com’è possibile che con il binocolo non si riesca a vederla? Ma che le lenti la rendono trasparente?”.
Mentre si pone quest’interrogativo senza risposta, sente, dal televisore, la parola “alieni”.
“Cosaaa, alieni?”.

Si precipita davanti allo schermo. In una trasmissione, il conduttore cerca di moderare il dibattito tra uno scienziato astronomico e il presidente di un’associazione ufologica. Lo fanno animatamente, come stessero parlando di cipolle:
“Ma cosa sta dicendo, addirittura alieni?”
“Certamente! Altrimenti che spiegazione si potrebbe dare a un fenomeno del genere?”
“Ma si rende conto di quello che asserisce? Si rende conto che queste affermazioni potrebbero far precipitare il mondo intero nel panico?”
“E no, non sono d’accordo, voi scienziati continuate a volerci nascondere la verità da troppo tempo, facendo passare da scemi tutti quelli che dichiarano di averli visti e talvolta incontrati, senza sapere che così facendo, create l’ansia dell’interrogativo o del mistero.”
“Ma come si può dire che sono alieni senza uno straccio di prova scientifica?”
La prova è lassù, visibile agli occhi di tutto il mondo. Se gli alieni esistono, e non capisco come facciate a negare l’evidenza, dovreste invece pensare ad entrarci in contatto, senza timore.”
L’uomo di scienza sembra entrare in crisi:
“E come facciamo, ce lo dica lei.”
“Non lo so, dovreste saperlo voi. Mandategli qualche segnale radio, luminoso, sonoro o quello che vi pare. Fate qualcosaaa”.
Non è più un dibattito, ma uno scontro: si interrompono, si parlano uno sopra l’altro. Deve intervenire il presentatore:
“Non vi accavallate nell’esprimere opinioni, altrimenti da casa non ci capiscono niente. Qui dibattiamo di un fatto serio e io non faccio televisione spazzatura!”.
Che te lo dico a fare!
“Perché cosa vorrebbe dire che le nostre opinioni sono spazzatura?”.
Rissa sfiorata, ma dopo un po’ si placano i bollenti spiriti, prevale il buon senso e si riprende:
“Ma se non si riesce a vederli nemmeno con i satelliti in orbita” riprende lo scienziato, “sono invisibili a tutti i radar da terra e persino ai cannocchiali. Come facciamo secondo lei a contattarli, gli mandiamo un messaggio WhatsApp, gli spediamo un telegramma o una cartolina?”
“Ecco, quando non sapete che dire sparate cazzate.”
“Come si permette, io sono un ricercatore serio e parlo solo se suffragato da prove certe.”
“Cerchiamo di rimanere calmi e mantenere un tono di educazione” insiste il conduttore.
“Calmi un par di palle” dice il giornalista interrompendolo, “lo sta vedendo cosa c’è lassù?”
“Certamente che lo vediamo, non siamo mica ciechi” afferma orgogliosamente l’uomo di scienza, “la comunità scientifica sta cercando di capirci qualcosa.”
“La realtà è che voi non volete sapere. Li temete. Siete ossessionati dall’invasione aliena, pensate che vengano giù per conquistarci, per sterminarci. Ma cosa credete che l’intelligenza di altri mondi debba per forza essere come quella della terra?”.

Stefano prende il telecomando e preme lo spegnimento:
“Questi ci capiscono meno di me… andassero a quel paese!”.
Si è fatto mezzogiorno, l’uomo continua a sbirciare attraverso la fessura della persiana: la bolla di sapone è in alto nel cielo.
Squilla il telefono, è il figlio.
“Papà. la stai guardando?”
“Sì, la sto guardando! Hai visto che ogni tanto si muove verso il basso e poi risale?”
“Ho visto, molti stanno dicendo che lo fa per evitare collisioni con i satelliti che abbiamo in orbita. Quella cosa è comandata da un’intelligenza: sono alieni che ci stanno osservando.”
“Oh Santo Dio! E cosa vorranno?”
“Papà, papà, aspetta, stanno dicendo che sia scomparsa”.
Entrambi si precipitano alla finestra: non c’è più, la bolla di sapone è scoppiata. Sarà stato un effetto ottico collettivo o gli alieni ci hanno fatto visita? Vallo a capire!

Nei giorni successivi la notizia scomparirà dall’informazione: si dovrà far finta di nulla, come se non fosse mai esistita. Ma chissà se vertici militari, agenzie spaziali e ricercatori di UFO faranno altrettanto? Questo almeno fino alle prossime elezioni politiche, quando i candidati di turno. prometteranno oltre il paradiso, l’entrata in contatto con quegli extraterrestri, finalizzata a: stabilire pacificamente i confini universali, trattati di non belligeranza, scambi commerciali e controllo dei flussi migratori.

FINE 

p.s. l’autore aveva indicato un tempo di lettura di 15 minuti, ma se ne saranno necessari un po’ di più..vuol dire che ve lo siete pure goduto.

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