Covid-19: Maria Laura Di Carlo, originaria di Bassano Romano, racconta la vita a Milano

MILANO – “Ho vissuto gli attentati di Bruxelles nel 2016 ma stavolta è diverso”. Maria Laura Di Carlo, 30enne, residente a Milano, originaria di Bassano Romano, impiegata in una società bancaria multinazionale, racconta la vita nel capoluogo lombardo ai tempi del COVID19.

“Da circa due anni mi sono trasferita definitivamente a Milano – racconta Maria Laura -, abito con il mio ragazzo in centro, in una zona molto viva della città, con negozi e molti locali.

Lavoro come Digital Project Manager e, sin da subito, la mia azienda mi ha dato la possibilità di lavorare in smart working da casa. Molte altre realtà a Milano hanno dato la stessa possibilità ai propri dipendenti, diventando di fatto uno dei più grossi esperimenti di smart working realizzati finora. Pochi anni fa tutto questo non sarebbe stato neanche lontanamente ipotizzabile.

In un primo momento, nessuno in città ha davvero percepito l’emergenza. Sembrava non dovesse “toccarci” e invece piano piano questo nemico invisibile è arrivato in città e le persone hanno preso coscienza di quello che stava accadendo, dando inizio alla psicosi: supermercati presi d’assalto, zero frutta e verdura, pasta e cibi a lunga conservazione. Tra gli alimenti che spariscono più in fretta? Il lievito e la farina: sì, oltre che un Paese di podisti sembra che il Coronavirus ci abbia scoperti popolo di panificatori! Ora la città si è trasformata, soprattutto in seguito agli ultimi decreti: è deserta, vuota, quasi tutte le attività sono chiuse. Il silenzio è surreale. Si esce solo per fare la spesa o andare in farmacia. Non ci sono problemi di approvvigionamento, ma fuori dai supermercati ci sono lunghe file, e strisce a terra che delimitano lo spazio di attesa di ogni persona. Purtroppo non è più possibile fare la spesa online: è molto difficile accedere ai siti dei supermercati e comunque non c’è possibilità di consegna prima di diverse settimane. Tutte le farmacie hanno cartelli sulla porta con su scritto “Mascherine e gel disinfettanti terminati”, ormai da diverse settimane.

La vita sociale è cambiata moltissimo, ma Skype ci torna in aiuto: oltre alle riunioni di lavoro, ogni sera facciamo dei gran begli aperitivi con i nostri amici e famigliari. Questa situazione – nuova per molti – ci sta dando la possibilità di dedicarci a tante attività come leggere, cucinare, fare lunghe chiacchierate, che spesso la vita frenetica non ci consente di fare. I pensieri, in questo momento, vanno ovviamente ai propri cari lontani, al proprio paese di origine. Quest’anno la Pasqua non sarà il momento in cui si riuniranno le famiglie, e il momento dello “scendo giù a casa” dovrà aspettare ancora per un po’: seppur difficile, credo che la decisione di non tornare a casa sia stata, per me come per tanti altri, quella più giusta nell’ottica di salvaguardare i nostri cari e non solo.

Ho vissuto dei periodi nella mia vita all’estero, come il periodo degli attentati a Bruxelles nel 2016, in cui la mia libertà di fatto veniva limitata ma volontariamente. Si restava a casa o si evitavano i posti affollati, per evitare di diventare vittime di attacchi terroristici. In quel periodo si aveva timore di un nemico visibile, ci si domandava se potesse accadere qualcosa mentre facevi la spesa o passeggiavi o prendevi dei mezzi pubblici, ci si guardava intorno in città militarizzate.

Oggi invece il nemico è invisibile, non si conosce, non si sa dove e quando potrà “attaccarci”: per questo motivo siamo stati tutti privati di alcune libertà costituzionali, non certo su base volontaria. Era dalla Seconda Mondiale che non si vedevano misure di questo tipo, e probabilmente nemmeno i Padri Costituenti avrebbero potuto immaginare una situazione simile, ma credo che proprio questo debba farci riflettere. Se si è giunti a tanto, se si è deciso di rallentare l’economia di un intero Paese, credo che il problema ci sia, grande e ben visibile.

I prossimi mesi saranno molto duri: diversi amici sono stati messi in ferie forzate e in cassa integrazione, soprattutto le piccole imprese risentiranno di questo periodo, oltre ai mercati in generale. Ma se è vero che Milano è la locomotiva di questo Paese, sono sicura che sarà la prima a trainare tutti verso una ripresa sul piano europeo e internazionale”.

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