Conoscere la storia della città in cui si è nati significa scoprire la propria identità storica

di Alfonso Marchese

Il mondo è fatto di piccole cose. Poi le mettiamo in ordine e le riassumiamo in una sola parola, chiamandola destino. Il concetto non è farina del mio sacco. E’ tratto dal romanzo “Dopo la Battaglia Pensa a me”, scritto dallo spagnolo Marias. Emergendo nella memoria durante la presentazione del libro “Fuori le donne da Palazzo dei Priori” di Luciano Costantini, alla libreria Etruria. Relatore, Arnaldo Sassi che per l’occasione ha interrotto di acculattare la panca del pensionato dopo avere diretto la redazione del Messaggero di Viterbo e prima in servizio presso la cronaca di Roma. Anche Costantini ha lavorato nella stessa ditta. Occupandosi di economia nella sede centrale romana del giornale. E forse si deve alla quiescenza che l’autore, anziché andare per cantieri, ha preferito spendere le ore libere in ricerche storiche.

L’intuizione di Luciano Costantini è stata quella di spulciare le delibere comunali nell’immediato dopo guerra. E si è imbattuto in curiosità storiche della città come il furto degli strumenti della ricostituita banda musicale o la sparizione dei banchi consiliari nella sala del consiglio comunale. Queste e tante altre curiosità compongono un affresco suggestivo di pagine di storia cittadina, di cui Rossana Costantini sorella dell’autore ha letto alcuni brani. La vita giornaliera di una persona non è fatta di grandi eventi. Perché qui si sta parlando della scia di devastazione che ha lasciato l’ultimo grande evento: la seconda guerra mondiale. E si sta trattando dei triboli della ricostruzione. Che sta anche per riassetto organizzativo delle varie istituzioni.

La mancanza di lavoro, che costringe molte famiglie a vivere nella miseria più nera della pece, suggerisce agli amministratori municipali dell’epoca di liberare in Comune posti occupati dalle donne a favore di capifamiglia senza occupazione.  Secondo la mentalità dell’epoca, è il masculo che provvede al sostentamento di moglie e figli. Infatti, il codice civile gli riconosce il ruolo di capo tribù. Quindi, molte donne vengono liquidate.

L’autore del libro cita anche i nomi delle impiegate estromesse. Non fa però menzione di quali reazioni ci siano state. Forse nessuna. Nei momenti di grande bisogno scatta una solidarietà collettiva che è difficile rintracciare in una comunità, in tempi normali. Nulla di strano, quindi, che le donne alle quali era stato dato il benservito abbiano compreso il motivo, a spese loro, e si siano immedesimati nell’estrema povertà di coloro che andavano a caccia di una fonte di reddito. L’avvicendamento era per il pane. E un tozzo non si nega a nessuno.

Arnaldo Sassi ha sottolineato la ragione per cui conoscere la storia della città in cui si è nati significa scoprire la propria identità storica. Perché si studia il passato? Per illuminare il presente e assumere la coscienza di sé. Si può dire, parafrasando Thomas Eliot nei Quattro Quartetti, che il tempo passato è contenuto nel tempo presente e se tutti e due sono forse contenuti nel tempo futuro, tutto il tempo è presente. E poi per i più grandicelli, che hanno un palmo di pelo sullo stomaco: quello che avremmo potuto essere e quello siamo stati tendono ad un unico fine che è il presente. Il passato torna prepotentemente nel presente.

La lettura di questo libro non esenta le giovani generazioni e gli studenti delle scuole medie e superiore. Non è, infatti, escluso che l’autore del volume si farà il giro per presentare nelle scuole il libro. Se ne riparlerà dopo la riapertura.

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