Non si sono ancora dissolti nella memoria di chi c’era gli echi della bellissima serata animata da un pubblico numeroso che Catena Fiorello ha regalato con la sua presenza a Viterbo l’ultimo sabato di agosto, nella piazzetta della Repubblica, quella che ha come vetrina centrale la grande libreria Borri e Books, una serata splendidamente organizzata da Sabina Borri.
Sì, Viterbo c’era e ha ascoltato con piacere attraverso lo scorrere fluido delle parole di questa autrice poliedrica il racconto degli straordinari personaggi che animano le pagine dei suoi romanzi. Fino all’ultimo di recente uscita: “Granita e Baguette“, edito da Giunti.
Ma tutto non finisce lì ed ecco che vi deliziamo con uno dei racconti ultimi dai #cuntidellanotte. Frutto della generosità di Catena:
“Sono storie brevi, mai autobiografiche, che scrivo per voi, solo per voi, per chi mi segue su questa Pagina Facebook e liberi di condividerli sulle vostre bacheche. I miei (vostri) #cuntidellanotte non sono pubblicati da nessun’altra parte“.
E noi ci godiamo tutta la magia, l’allegoria di queste pillole di vita insite in ognuno di noi.
Maledetta fretta
“Io lo sapevo che la fretta mi avrebbe fregato. La fretta. L’ho sempre avuta attaccata al collo, come uno sbuffo continuo e violento. Mia nemica, seppure necessariamente sorella. Mi accompagnava già dal risveglio. Chiamare i bambini, prepararli per la scuola, sistemare tazze e posate sul tavolo, la colazione. Ricordare a mio marito di passare da sua madre, in banca, dal macellaio per prenotare le polpette biologiche, la roba in lavanderia, mentre io mi sarei curata del resto, prima di andare al lavoro. E poi i bambini da riprendere a scuola, la spesa lasciata in portineria, dal gentile aiutante del negozio di alimentari. Pomeriggi affaticati, i giorni dispari ritornare al lavoro, nel caso di pratiche ancora in sospeso. In ufficio era un inferno. Paura di non essere abbastanza prestante. La casa, le faccende lasciate indietro. La fretta di portare a termine il resto. Qualche volta concedendomi il lusso di un’uscita con le amiche, la messa in piega dal parrucchiere, l’estetista di tanto in tanto. Attenzioni per me, piccole cose, sempre con la fretta e l’angoscia di togliere del tempo ai miei affetti e alle altre pressanti incombenze quotidiane. Non ho mai potuto tirare un sospiro di sollievo. Mia madre mi ha sempre detto che la fretta mi ha fatta imbruttire. E io puntualmente a risponderle che era lei ad andare troppo a rilento. Poi tre mattine fa ho incrociato un ragazzo che aveva più fretta di me. Non si è fermato allo stop, e tra la sua fretta e la mia abbiamo fatto un bel fracasso. Lui mi ha scaraventata qualche metro più in là dal punto in cui la sua Smart ha urtato violentemente il mio scooter, e bam, ho sentito solo un tonfo potente. Non so esattamente dove si è piantato il suo parafango, ma quello che so è che da quel momento ho smesso di avere fretta. Il mondo si è congelato nel nostro urto malefico. Ho pensato ai bambini, a Gianni, alla spesa in attesa dal portiere, alla roba in lavanderia da ritirare, e a mia madre che di certo avrà provato a chiamarmi al cellulare di continuo. Lei sta sempre in ansia per me, anche se non ho più quindici anni. Se potessi tornare indietro le direi che aveva ragione, la fretta non ha senso. È solo una fregatura, e a pensarci bene non serve nemmeno a recuperare chissà quanti minuti sulla tabella di marcia infernale di giornate balorde che tolgono pure il piacere di vivere. Mentre volavo via, ho visto altri ingenui frettolosi come me, fluttuare in questo mondo sospeso. E ci siamo stupiti di essere in tanti a non averlo capito. Già, se avessi ancora qualche minuto a disposizione, la manderei a quel paese la fretta. Ma ora devo occuparmi d’altro. Ambientarmi in questo posto sconosciuto dove credo avrò tutto il tempo per pensare a me stessa/ Spero solo che le persone che amo smettano presto di soffrire. Non serve avere fretta, ancora meno sentirsi in colpa per ciò che non siamo stati in grado di capire”.