Carlo Vincenti, la carta, il segno, l’abisso, mostra e performance musico-teatrale

Vincenti_a_Bagnoregio_nel_1971 ph Augusto Carcereri

Carlo Vincenti, la carta, il segno, l’abisso+Fratto C, una mostra e performance teatrale, che si terrà nel pomeriggio di domenica 22 gennaio dalle 17.00 alle 19.00 presso lo Spazio Inter Artes di Viterbo, in via della Volta Buia, 36, organizzata da Barbara Aniello, storica dell’arte, musicologa in stretta collaborazione con Fabio Vincenti, prezioso fratello di Carlo, di cui custodisce memoria storia e patrimonio artistico e Alfonso Prota. L’evento ha una declinazione intimistica con collage sonori, curati da Antonio Tonietti.

Si consiglia la prenotazione tel. 3389899155- www.spaziointerartes.it

Carlo Vincenti_opera

CARLO VINCENTI, l’arte è tutto per lui

nasce a Viterbo il 23 novembre 1946 da Margherita Calbi, insegnante, e Umberto, fisarmonicista. Fin da piccolo disegna e colora. Della sua permanenza alla Scuola “Cesare Pinzi” rimane uno Scudo di Achille.

Gli anni dell’adolescenza sono segnati dalla lunga malattia del padre che muore nel ’59. I suoi interessi culturali sono vasti: arte, letteratura, architettura, filosofia, religioni. Legge russi, francesi e americani. Alcune pagine piovono nei collage.

Nel giugno del ’65 in un tragico incidente stradale muore Fernanda, l’amore. Fernanda sarà una costante di tutta la sua produzione artistica. Lettera a Fernanda è uno dei temi delle sue catalogazioni, dei Repertori.

Per qualche mese frequenta come uditore il Seminario Diocesano. Il Rettore è il suo amico don Dante Bernini, poi Vescovo ad Albano e Velletri. Amicizia profonda. Continuerà a chiamarlo don Dante.  Per lui realizza il trittico ‘Un Paradiso di specchi’ e le sculture ‘Madonna con bambino’.

Frequenta la facoltà di Architettura a Roma. Studia Paul Klee. ‘La teoria della forma e della figurazione‘, prima edizione italiana del 1959, diventa un punto di riferimento. E poi libro d’artista: inserisce suoi disegni e appunti  in varie pagine del testo.

Visita musei e gallerie. Al Museo d’Arte Orientale conferma l’idea della Dimidiata: divisa a metà, segue “quel filo conduttore che dalla Dimidiata inconscia del ’64 mi portava a quel suo mondo mitico–religioso”. Sperimenta forme per delineare la figura umana, dalla quale scompare la bocca. Dopo una grave crisi, nel ’69 viene ricoverato a forza nell’Ospedale Psichiatrico di Siena: Il Rapimento. La ricerca e l’espressione artistica ne escono potenziate.

Viene la scelta dello pseudonimo VescoVI (5 esco 6), un’altra identità, più elevata. Lo scrive nel suo ‘Figurazione del numero‘.

Continuamente vede, saggia, scopre, le persone, la sua città. Per le vie di S. Pellegrino, le piazze, il Caffè Schenardi. Capire, disegnare volti, dalle fontane, dal peperino, tutto ciò che sfugge allo sguardo comune. Tutto è ricerca e comunicazione.

Dal ’74 è a contratto col gallerista Miralli. Si ritira in angusti, cadenti appartamenti del vecchio centro storico. Nel continuo vagare per la città incontra spesso emarginati. Sperimenta l’idea del Frammento: riuso del rifiuto, scarto protagonista dell’espressione. Dal ’75 al ’78 entra ed esce da cliniche psichiatriche e dall’O.P. di Siena. Scrive con distacco, con ironia, del suo stato, dei farmaci, dei medici, si mostra lucido, rassegnato, tutt’altro che alienato. Produce febbrilmente. Alberto Miralli pubblica i versi dal Repertorio uno.

Nel ’76 dipinge una Via Crucis di parole per don Armando Marini. Sarà esposta solo nel 1987.

Verso la fine. La tela si appesantisce di pennellate cariche, si squarcia. Il tubetto del colore si fa pennello. Le pareti del suo studio graffiti. Il fisico e la mente sono segnati, mancanza di lucidità che frena la ricerca. Lo scrive e lo dichiara, il Moditen. L’arte è tutto per lui. Combatte, non accetta l’offuscarsi della vitalità artistica. Biografia | CARLO VINCENTI

 

Nella foto cover di Augusto Carcereri, Carlo Vincenti a Bagnoregio nel 1971 

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