Il 3 settembre è una data speciale per tutti i viterbesi, che attendono con emozione il trasporto serale della Macchina di Santa Rosa.
Quest’anno però c’è qualcosa di nuovo, anzi, di antico: è Dies Natalis, il nuovo modello della Macchina di Santa Rosa. Ideata e progettata dall’architetto Raffaele Ascenzi, Dies Natalis ha sfilato per le vie buie del centro storico la sera del 3 settembre, tra gli sguardi meravigliati dei cittadini.
Ore 15.00: dopo la lunga mattinata, l’attesa viene spezzata dal rituale “Giro delle Sette Chiese”, come da tradizione del pomeriggio del 3 settembre.
I facchini sono stati acclamati per tutto il loro percorso, da piazza Verdi fino all’arrivo a Piazza S. Sisto, dai viterbesi entusiasti dell’avvicinarsi del trasporto.
Ma la festa è cominciata davvero con il “Giro delle Sette Chiese”? Non proprio: per moltissimi giovani, la giornata ha avuto inizio alle primissime ore del mattino, se non dalla sera del 2 settembre.
Nonostante la stanchezza e il maltempo, diversi gruppi di ragazzi si sono accampati nelle piazze del centro per assicurarsi un posto privilegiato, ingannando il tempo chiacchierando, giocando a carte o riposandosi.
Una vigilia speciale, un’attesa collettiva, creano un legame fra i giovani e, soprattutto, con la tradizione.
Il raduno di ragazzi nelle piazze – come piazza delle Erbe, la più gettonata – è una vivida rappresentazione di come le usanze locali possano ancora coinvolgere le nuove generazioni, mantenendo viva la cultura del luogo, tramite un’esperienza condivisa.
Il motto “Semo tutti d’un sentimento” è fatto anche di momenti come questo.
Dopo gli sbandieratori e le bande musicali – che hanno scatenato l’entusiasmo di tutti i viterbesi – si è tenuta la rituale sfilata dei facchini verso la Chiesa di S. Sisto.
L’inizio del trasporto si avvicina: manca circa un’ora. L’attesa è quasi terminata e l’energia è palpabile, con spettatori in tensione e facchini pronti a dare il massimo.
È un forte orgoglio ciò che accomuna pubblico e facchini, davanti alla celebrazione di una tradizione storica dal significato religioso e culturale. Rispetto, devozione e intensa emozione: le parole adeguate a descrivere l’atmosfera del momento.
È ora: alle 21.30, dopo la benedizione in articulo mortis del vescovo monsignor Orazio Francesco Piazza, il trasporto sta per cominciare. Dopo una giornata di attesa e preparativi, le luci si abbassano e l’eccitazione di tutti i presenti raggiunge l’apice.
Il “Sollevate e fermi!” è del sostituto capofacchino Luigi Aspromonte – quest’anno alla guida del trasporto al posto di Sandro Rossi, operato d’urgenza al cuore dopo un malore, e presente tramite il grande affetto reso da parte dei facchini – riecheggia, e la Macchina, Dies Natalis , dal nome che significa Giorno di Nascita inizia il suo percorso.
È piazza Fontana Grande la prima tappa, da cui i viterbesi e turisti increduli assistono all’arrivo della Macchina con il fiato sospeso.
Tra le note de Quella Sera Del Tre si sentono forti strepiti di felicità. Ogni viterbese, al cospetto della maestosa Macchina di Santa Rosa, si sente fieramente parte di qualcosa di più grande.E’ lo spirito di appartenenza ad una tradizione, ad una storia.
Molti di loro rivivono ricordi d’infanzia legati al trasporto, pensando alle generazioni precedenti che hanno vissuto la stessa atmosfera e provato gli stessi sentimenti; altri vivono il passaggio della Macchina come un momento di forte spiritualità e di vicinanza con la giovane Santa.
E non manca l’apprensione, perché il Trasporto è anche un’ardua impresa fisica.
Arrivare sino al Santuario è una’impresa complicata, ci sono i maxi schermi che fissano le tappe.
Grande sollievo per il “ritorno a casa” di Santa Rosa: c’è un’esplosione di gioia non appena la Macchina raggiunge il Santuario.Sul sagrato le famiglie dei Facchini che aspettano trepidanti i luoro uomini.
L’intero Trasporto, come ogni anno, è stato un momento di intensa emozione collettiva, in cui si sono intrecciati senso di appartenenza ed orgoglio per la propria città e tradizione, ma anche devozione, commozione e speranza.
La Macchina di Santa Rosa non è solo una torre illuminata, ma è un simbolo di identità culturale e spirituale, di un’eredità trasmessa di generazione in generazione. Dies Natalis attraverso la ideazione dell’architetto Ascenzi ne esprime la secolarità storica unita alla sua intensa spiritualità.