Biennale: L’arte sui muri e il suo messaggio dirompente forse di Banksy

Un bambino nel vento impetuoso di uno sbarco. Con il giubbetto di salvataggio e con in mano un razzo segnaletico. Fluorescente nella notte. In modo silenzioso è comparso sui muri nei giorni di pre-opening della  biennale di Venezia,più grande mostra del mondo e proprio in Laguna, nel bel mezzo dell’evento di spessore mondiale che si sta svolgendo nella città più affascinante al mondo.

Il tema dell´immigrazione un grande indizio dell’opera murale. Qui un bambino, a quanto pare con un giubbetto salvagente e con un razzo segnaletico, cerca di indicarci qualcosa catturando la nostra attenzione distratta e distolta immerso coi piedi nell’acqua. E così l’opera, inserita nel contesto della Biennale, può chiamare in causa le questioni più varie: questione dei migranti, ma anche una crisi del sistema arte contemporanea, della qualità della sua ricerca e della sua offerta oltre, un monito ai nostri governanti. Oppure può interpretare  semplicemente un bambino che indica la strada agli adulti.L’autore lo consegna in forma anonima affinché ognuno con la propria coscienza ne tragga la propria interpretazione.Di visibile a tutti il grande immenso dello street artist  che a tutt’oggi non ha rivendicato la sua opera. Un tema  quello dell’immigrazione a cui lo street artist più noto al mondo aveva già dedicato diverse opere nel 2015, a Calais, tra cui in particolare il ritratto di Steve Jobs, anche lui figlio di migranti siriani. Nel libro Wall and Piece (2005) Banksy scrive: se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la verità, allora devi mentire. In altre parole, in tempi non sospetti, questo giovane writer di Bristol scrive a chiare lettere nel suo quarto libro: non saprete mai chi sono e ogni verità che dirò sarà mascherata da bugia.

foto Lapo Simeoni

 

 

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