Visto da noi: Joker, l’eco di un dolore straziante nell’interpretazione magistrale di Joaquin Phoenix

di Nicole Chiassarini

Joker è il nuovo film di Todd Phillips, distribuito in Italia da Warner Bros. Con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beets, Frances Conroy e Marca Maron. La storia di uno dei più grandi cattivi dell’Universo DC, appunto il Joker, delle sue origini e dell’amaro percorso che lo ha portato a diventare il nemico giurato di Gotham City, città fittizia dove sono principalmente ambientate le storie dei fumetti DC Comics. La pellicola ha recentemente conquistato il Festival del Cinema di Venezia, ottenendo l’ambito premio del Leone D’Oro come miglior film.
Arthur Fleck vive con sua madre in un palazzo fatiscente, lavora travestito da clown facendo pubblicità per la strada in attesa di poter finalmente realizzare il sogno di diventare un comico. Ma la sua vita sembra essere una vera e propria tragedia. Ignorato, maltrattato, bullizzato e deriso da chiunque, fino a sviluppare un tic nervoso che lo porta a ridere in modo incontrollato, quasi da togliere il fiato, rendendolo inquietante e allontanando sempre più ogni possibile relazione sociale. Ma un giorno, dopo l’ennesima prevaricazione, Arthur, ancora travestito da clown, reagisce violentemente uccidendo i suoi oppressori. Mentre la polizia di Gotham City dà la caccia al clown killer, la popolazione lo acclama come un eroe metropolitano, simbolo della rivolta degli oppressi contro la prepotenza dei più ricchi. Sarà anche questo a portare Arthur alla sua trasformazione finale, portandolo a diventare il Joker.
Il film cresce una scena alla volta, con una follia unica e un senso di solitudine tale da non poter fare altro che restare incollati allo schermo, descrivendo l’intero percorso e il punto di rottura che hanno trasformato Arthur da uomo disagiato a Joker efferato. Phillips crea un personaggio incredibile, capace finalmente di chiudere un cerchio sul passato di uno dei cattivi più famosi della storia dei fumetti e del cinema. Ma non solo Arthur, la stessa Gotham è la protagonista, non è un semplice background, è viva e condiziona fortemente il percorso intrapreso dal personaggio. Un inno a Martin Scorsese, alla sua New York in Taxi Driver, dove la città e la società si collegano direttamente alle vicende di Travis Bickle e al suo sviluppo. Il regista Phillips, con questo splendido lavoro, è riuscito a creare un mondo unico nel suo genere, trasponendo un personaggio dei fumetti DC in un film lontano da quell’universo ma che, invece, rappresenta in tutto e per tutto il grande cinema hollywoodiano.
Joaquin Phoenix si ritrova completamente solo all’interno della scena, come del resto è lasciato solo Arthur Fleck, senza ancora un “nemico” da sconfiggere. C’è lui, i suoi pensieri, la sua follia e una Gotham che lo trasporta inesorabilmente in un baratro dal quale non potrà più scappare. Come Travis Bickle è vittima della società che lo circonda, quella stessa che attraverso una semplice arma lo condurrà a cambiare prospettiva di vita. Quello di Arthur è un percorso lungo e doloroso, che si protrae lungo tutto il tempo del film, e Phoenix lo interpreta in maniera magistrale. Smagrito e malconcio, l’attore riesce totalmente ad immedesimarsi nel personaggio, rendendogli giustizia. Tra i disturbi psichiatrici di Arthur c’è la sindrome che lui chiama risata patologica e l’incredibile interpretazione di Phoenix comincia esattamente da quella risata incontenibile, anche nei momenti meno opportuni. Una risata acre che serba l’eco del dolore più straziante. Un’interpretazione che non può fare altro che onorare perfettamente i suoi predecessori, Jack Nicholson e Heath Ledger, che lo stesso interpretarono il personaggio in modo unico e indimenticabile. Un crescendo di follia e di disperazione che non possono fare altro che tenere lo spettatore incollato allo schermo per cercare di conoscere appieno i pensieri e la pazzia del Joker di Phoenix, il quale non fa altro che trasformarsi in un alienato, che vuole vendicarsi di chi non l’ha capito.
Ma ad aiutare il successo del film non può che essere la musica intima, capace di spiegare appieno sia il percorso di Arthur, sia la sua crescente follia, in una storia con pochi dialoghi, basata sugli sguardi e sui movimenti del corpo. Ma anche regia e fotografia, ineccepibili, riescono a rendere piena giustizia al Joker, con primi piani forti, immersivi e affascinanti, all’inizio con inquadrature tali da voler quasi nasconderlo alla nostra vista per non mostrarcelo interamente, come se lui stesso non volesse esporsi troppo. Nel secondo atto, invece, la macchina da presa lo segue, scruta, cerca di studiarlo mostrandone dettagli e difetti.
Con Joker, Phillips e Phoenix hanno creato un vero e proprio capolavoro con un mélange straordinario tra cinecomic e cinema d’autore. Disperato e coinvolgente, un personaggio che diventa il modello da seguire per gli oppressi, finalmente raccontato dagli albori e che in questo caso rappresenta la natura umana, senza eroi, solo ribellione e alienazione. La follia contagiosa di un’interpretazione abile e la solitudine in una società dispotica.

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