Successo dell’incontro sulla rete delle foreste vetuste della provincia di Viterbo

Si è tenuto martedì 14 novembre, presso il Polo di Agraria dell’Università della Tuscia a Viterbo, un incontro per lanciare una nuova linea nella pianificazione e gestione forestale sostenibile dal titolo “Rewilding Tuscia – Le nuove prospettive nella Tuscia per le Foreste Vetuste”.
Tra gli organizzatori il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Ateneo viterbese, il Comitato Amici della Faggeta, Legambiente Lago di Vico, quindi con il sostegno di Accademia Kronos, AICS, Italia Nostra, Lipu.
Punto di partenza l’importante e innovativo provvedimento della Regione Lazio, ovvero l’approvazione dell’articolo 34 bis (Legge Regionale 14 agosto 2017 n. 9) con il quale ha espresso la volontà di tutelare le foreste vetuste e le faggete depresse che caratterizzano tratti unici del paesaggio forestale regionale dal valore bioecologico inestimabile.
Questa norma si inserisce – come ha illustrato il prof. Piovesan – in un quadro nazionale ed internazionale che sempre più tende a conservare, restaurare e valorizzare gli ecosistemi ad elevata naturalità divenuti nel corso dei secoli sempre più rari in Europa. Esempi di tale politica ambientale finalizzata a conservare la biodiversità di specie ed habitat a rischio e a mitigare i cambiamenti climatici sono il recente riconoscimento dell’Unesco alle faggete vetuste d’Europa, tra cui le faggete di Soriano nel Cimino e Oriolo, ed altre iniziative paneuropee quali Wild Europe e Rewilding Europe.
Le relazioni dei ricercatori Alfredo di Filippo e Goffredo Filibeck hanno illustrato in modo articolato come nella Tuscia sia presente un grande e prezioso patrimonio naturale composto da boschi e praterie particolarmente interessanti sotto il profilo compositivo e strutturale. Molti di questi ecosistemi, a partire proprio dalle foreste vetuste e dalle faggete depresse, sono nel complesso purtroppo poco conosciuti, tutelati, valorizzati e per questi motivi a rischio di degrado e/o scomparsa. La sfida è quella di ripartire con interventi di tutela integrale in quei ecosistemi forestali residuali di estremo pregio naturalistico, in primo luogo quando tali aree ricadono nelle aree protette. Come nel caso delle Foreste Casentinesi o del Parco d’Abruzzo, la scelta della conservazione integrale contribuirebbe a consolidare quella immagine di paesaggio verde della Tuscia che nel caso dei boschi dai tempi di Tito Livio viene identificata con la impenetrabile Selva Cimina. Tutto ciò si tradurrà in maggiori servizi ecologici, in primis il turismo verde e la qualità delle acque che sgorgano dalle sorgenti, spesso in prossimità dei boschi vetusti. D’altro canto, poiché la stragrande maggioranza dei boschi continuerà ad essere gestita secondo gli schemi produttivi, la Tuscia è candidata a divenire un laboratorio sperimentale dove confrontare gli impatti dell’uso delle risorse forestali sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici.
Hanno assistito e partecipato ai lavori del workshop numerose associazioni ed enti del territorio, tra i quali referenti del Comune di Ronciglione, del Parco Bracciano Martignano, della Riserva naturale Marturanum, della Riserva naturale di Monte Rufeno, della Riserva Naturale del Lago di Vico. Intervenuti anche la consigliera regionale Silvia Blasi e il prof Stefano Grego per la fondazione World Agricoltural Heritage Foundation.
La proposta di grande importanza – sulla quale si è condiviso un imprescindibile percorso comune al termine dei lavori – è di dar, quindi, vita ad una Rete delle foreste vetuste nella Tuscia, a partire dai Monti Cimini.
Su questo proposito sono convenuti molti dei presenti, ricercatori, rappresentanti delle associazioni ed amministratori, tra cui i comuni di Bassano Romano, Oriolo Romano e Vetralla.
E’ stata quindi illustrata da Legambiente la proposta di inserimento delle faggete della Riserva del Lago di Vico nell’elenco regionale delle foreste vetuste (introdotto proprio dalla legge 9/2017), prima candidatura della provincia di Viterbo.
Quello di martedì scorso a Viterbo è stato dunque solo il primo passo formale, verso un ampliamento a tutta la provincia di Viterbo della campagna di salvaguardia degli ambiti più naturali del patrimonio ambientale e boschivo. L’obiettivo è di intraprendere un percorso partecipato sempre più allargato sul territorio in cui cittadini, ricercatori, associazioni, enti locali, Parchi e Riserve condividono i motivi della necessità di tutelare e conservare le aree rurali ad alta naturalità. Il traguardo è vedere nascere nella Tuscia la prima rete delle Foreste Vetuste del Lazio.

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI