Marino Sinibaldi, direttore di Rai Radio 3 primo ospite di “Cultura in Gradi”

Donatella Agostini

L’Università della Tuscia incontra Marino Sinibaldi: nella mattinata del 28 novembre, l’aula magna di Santa Maria in Gradi ha accolto con calore il popolare giornalista, critico letterario e conduttore radiofonico, attuale direttore di Rai Radio 3. L’intervento di Sinibaldi, “Cultura in Rai”, è stato preceduto da una breve introduzione della professoressa Silvana Ferreri, curatrice dell’evento. «Quello di oggi è il primo incontro di un ciclo, “Cultura in Gradi”, organizzato dal dipartimento Disucom, che vedrà la partecipazione di personalità che, con la loro professione, insistono sul piano culturale – ha esordito Ferreri – Gli incontri saranno occasione per ragionare insieme su cosa sia la cultura oggi e quale possa essere il suo impatto sul mondo del lavoro e della comunicazione. Marino Sinibaldi è ideatore di una trasmissione radiofonica, “Fahrenheit”, che va in onda dal 1999, un contenitore ricco, vario, mai banale, mai scontato: la dimostrazione che si può far cultura non solo in luoghi fisici, ma anche in uno spazio sonoro. Gli abbiamo chiesto di parlarci della sua esperienza e di cosa sia per lui la cultura». Sinibaldi ha parlato per prima cosa dell’importanza del buon uso della parola, fondamentale in radio ma anche nella scuola e nella società, per passare poi a definire il concetto di cultura. «Non ho una definizione precisa per la cultura. Il titolo del libro che ho scritto per Laterza nel 2014, “Un millimetro in là”, si avvicina all’idea che ne ho: cultura è spingere il limite delle nostre conoscenze oltre i confini che ci vengono imposti. Uno spazio di libertà, anche minimo, che possiamo gestire autonomamente, che possa cambiare la nostra vita e ci dia una sorta di sovranità su noi stessi. Se non ce l’hai tu il potere su te stesso, ce l’avrà qualcun altro. Per questo è importante nutrire la nostra sensibilità, aumentare la nostra capacità di godere delle bellezze del mondo: letteratura, arte, musica. Cultura contiene la parola cura: è importante imparare a conoscere l’enorme bacino di cose belle e intelligenti che l’umanità è stata in grado di produrre e prendersene cura, con responsabilità e gratitudine. Un po’ come è accaduto qui a Viterbo, che ha mantenuto nel tempo una straordinaria parte di sé – ha spiegato Sinibaldi, con l’inconfondibile piglio affabulatore da conduttore radiofonico – Ma la cultura va anche rinnovata: non ci si deve accontentare di quanto è stato prodotto dalle generazioni che ci hanno preceduto. Come critico letterario ho sempre cercato nella nuova letteratura un rinnovamento, qualcosa che la metta in rapporto con il proprio tempo. Ogni generazione ha bisogno della propria cultura, aperta, plastica, curiosa. Che insegni non solo il rispetto verso l’altro, ma anche il valore dell’altro. Che focalizzi i problemi, le contraddizioni della convivenza». In conclusione, Marino Sinibaldi si è rivolto agli studenti universitari presenti, accennando alla difficile situazione lavorativa che li aspetta. «Quello che di decisivo accade nella vita, la formazione, sta accadendo proprio in questo momento a ognuno di voi. E in un momento storico di grande precarietà: nessuna decisione è per sempre. Ma la precarietà porta in sé una sfumatura positiva, creativa, lascia aperte le porte: c’è maggiore libertà nel decidere del proprio futuro. Oggi in Italia il lavoro culturale esiste, i consumi culturali sono in crescita. Bisogna solo trovare un proprio spazio, immaginare quali possano essere i desideri, le richieste in termini culturali delle persone» . Per questo l’augurio di Marino Sinibaldi agli studenti dell’Unitus è quello di approfittare di questi anni dedicati allaformazione per farsi invadere dalla maggiore quantità di conoscenze possibili. Per diventare padroni di se stessi e del proprio futuro.

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