Fabrizio Rocchi e Viterbo Clean Up: un atto di amore e di rispetto per il territorio in cui viviamo

di Donatella Agostini

C’è una canzone che tutti conoscono, che fa: “Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…”. Possiamo guardare al mondo in prospettiva globale e preoccuparci per gli incendi drammatici e per le isole di plastica galleggianti sugli oceani. E possiamo immaginarlo in un’ottica più ristretta e familiare: mondo è anche il prato che scorgiamo aprendo le finestre ogni mattina, o il bosco dei Cimini dove andiamo a passeggiare la domenica. Luoghi meravigliosi come quelli della Tuscia, in cui abbiamo la fortuna di vivere, che però destano analoghe preoccupazioni: spesso li troviamo deturpati dagli incivili di turno, che senza scrupolo alcuno hanno creduto legittimo sversarvi rifiuti di ogni genere. Bottiglie di vetro e lattine di birra abbandonate ovunque dopo i bagordi del sabato sera; cicche di sigarette insinuatesi nelle fessure dei sampietrini, “perché tanto è carta e si degrada”. E plastica, in tutte le sue declinazioni, che infesta come un’erbaccia apocalittica tutti i nostri spazi vitali. Ma la cosa peggiore è la nostra assuefazione: ci siamo abituati allo sporco, e al brutto che ci circonda. Per fortuna, non tutti cedono a questa rassegnazione. Per fortuna ci sono persone come Fabrizio Rocchi e l’associazione Viterbo Clean Up: un gruppo di cittadini qualunque che un giorno – con la semplicità che caratterizza le persone pratiche – ha deciso di passare dalle parole ai fatti. Da allora i ragazzi di Clean Up si riuniscono periodicamente e, armati di buste e pale, ripuliscono i nostri luoghi in modo volontario e gratuito, liberandoli da quintali di sporcizia e restituendoli, puliti e bellissimi, all’intera comunità.

«Clean Up nasce nel settembre del 2014 da una mia idea, che poi ho trasmesso ad altre persone, ragazzi con la stessa passione per il nostro territorio: Gabriele Medori, Irene Filoni e Gabriele Pacifici», racconta Fabrizio. «Seguivamo sui social gruppi che già facevano questo tipo di attività altrove, e ci siamo detti: perché non facciamo questa cosa anche a Viterbo?». Alla base di tutto, quindi, c’è un grande amore per la nostra terra, e la voglia di riportarla alla sua bellezza liberandola dall’incuranza del degrado. Dall’essere un gruppetto sparuto di amici, Clean Up è cresciuta nel tempo ed è diventata un’associazione ufficiale e riconosciuta. Oggi l’organico conta una quindicina di membri, e sono un centinaio le persone che prendono parte agli eventi organizzati. «Tutti possono partecipare, serve soltanto un abbigliamento adatto: alle attrezzature pensiamo noi. Basta avere energia e voglia di rimboccarsi le maniche: sempre meglio che starsene dietro una tastiera a lamentarsi, a criticare e ad alimentare inutili polemiche». Il primo intervento di Clean Up è stato quello di ripulire il marciapiede della strada che va all’Ospedale Belcolle. «Da allora le nostre uscite non si contano, così come i quintali di rifiuti raccolti, non soltanto in città, ma anche e soprattutto nei boschi, nelle campagne, intorno ai laghi», prosegue. «Abbiamo ripulito quasi tutti i parcheggi cittadini, anche se preferiamo impiegare le nostre energie in posti dove non andrebbe a pulire nessuno». In effetti, la pulizia e il decoro del centro cittadino è compito dell’amministrazione comunale. «In tanti ci dicono: perché ci andate voi? E sottintendono: è un servizio che ci spetta perché paghiamo le tasse. Noi rispondiamo, e allora chi ci va? Chi va a ripulire tutte quelle zone ridotte a pattumiera, che sono al di fuori dal normale circuito controllato e bonificato dal Comune? Ce ne sono talmente tante! Ed è qui che soprattutto non bisognerebbe sporcare, perché poi non ci sarebbe nessuno che provvede a pulire. Comunque, sfido qualsiasi comune ad avere una programmazione completa di cura dell’intero territorio: è impossibile, anche per colpa della burocrazia». Ed ecco allora che Clean Up decide di intervenire in una zona specifica, anche dietro segnalazione dei cittadini, e prende accordi con i dirigenti comunali competenti. «Ripuliamo, e poi lasciamo i sacchi di rifiuti in modo ordinato e in un punto prestabilito. A questo punto, i dirigenti provvedono al ritiro e al loro corretto smaltimento: di questo, da normali cittadini, non ce ne possiamo occupare». Le tipologie di rifiuto che Clean Up raccoglie più spesso nelle nostre campagne e nei vari contesti naturali sono soprattutto materiali edili di scarto, o il risultato delle pulizie di cantine e garage. «E centinaia di pneumatici abbandonati». L’educazione ambientale, e la consapevolezza che l’ambiente che ci circonda è un sistema delicato da proteggere con tutte le nostre forze, potrebbero limitare fortemente il fenomeno. Ma giocherebbe un ruolo determinante anche la corretta informazione che gli organi preposti dovrebbero fornire ai cittadini in materia di smaltimento dei rifiuti. «Certamente, dovrebbe essere agevole per la cittadinanza disfarsi dei rifiuti in modo corretto. Speriamo che l’isola ecologica del Poggino possa finalmente essere realizzata. E servirebbero più controlli, ma è ragionevole supporre che non si può controllare dappertutto. Il nostro intento è anche quello di sensibilizzare i cittadini: ci vuole tanto lavoro e tanta fatica per bonificare una zona anche piccola. Spesso siamo costretti a tornare in una zona già ripulita, perché nel frattempo qualcuno l’ha nuovamente sporcata». Un territorio pulito significa un ambiente salubre per tutti, una natura rispettata, una carta in più da giocare nel settore turistico. Partecipare alle uscite di Clean Up significa anche entrare a far parte di un gruppo di amici, e trascorrere momenti piacevoli all’aria aperta. «Si fatica, certo, ma la soddisfazione alla fine è tanta», conclude Fabrizio, che con l’associazione sta già programmando le prossime uscite. Il primo febbraio ad esempio si sono dati appuntamento a Vetralla, dove c’è bisogno del loro intervento. Per restare informati sulla loro attività si possono seguire i canali social, e magari si può decidere di partecipare. Ci siamo abituati al brutto, quando basterebbe così poco perché il bello ritorni. Quei quattro amici al bar sono diventati una folla, perché hanno capito che a volte, per cambiare il mondo, basta raccogliere una lattina vuota da un prato.

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