Luca Salvatelli, storico dell’arte: la Tuscia è uno scrigno di tesori

Luca Salvatelli milanese di nascita, trent’anni compiuti il 22 gennaio, dottore di Ricerca in Storia dell’Arte Medievale Storico dell’Arte all’Università della Tuscia, dove ha conseguito la sua laurea di   primo livello in “Conservazione dei beni storico artistici discutendo una tesi su : “Il Martirio di San Matteo della Cappella Contarelli. Indagini radiografiche” e la laurea specialistica in Storia dell’Arte con una ricerca dal titolo “Scienza e potere nei codici miniati alla corte di Federico da Montefeltro”. Nella stessa Università è oggi dottore di ricerca e cultore della materia di Storia dell’Arte Medievale e della Miniatura.

“La storia dell’Arte e l’Archeologia mi hanno sempre affascinato fin dagli anni Liceali. Pertanto preso il Diploma di maturità Classica presso il Liceo Mariano Buratti, passaggio naturale è stato quello di optare per  la Facoltà di Conservazione dei Beni culturali dell’Ateneo viterbese, uno delle eccellenze nel campo della ricerca e conservazione del nostro patrimonio culturale. Negli anni ho poi maturato il desiderio non semplicemente di studiare la storia dell’Arte, ma anche quello di poter fornire un mio contributo, seppur minimo alla Ricerca umanistica, optando per la storia dell’Arte medievale e della miniatura. Spesso mi si chiede il perché di una tale scelta. Ebbene il Medioevo non è in realtà così distante come viene presentato, né un monolitico e oscuro periodo, come purtroppo troppo spesso ancora presentato, ma una sfaccettata affascinante epoca, che riserva continue sorprese”.

Le sue ricerche si sono concentrate in particolare sul Medioevo con un’attenzione basilare per le problematiche storico-iconografiche, per le questioni legate alla committenza, per il significato ideologico delle immagini . Ci spieghi meglio.

Nella civiltà medioevale l’immagine è innalzata a strumento essenziale di comunicazione. Diventa così basilare comprenderne e saperne interpretare i differenti livelli panofskiani, il significato racchiuso dietro il semplice prodotto artistico, il suo sostrato culturale, il motivo della sua commissione, il valore politico culturale di cui era caricata, l’ambiente sociale che l’ha prodotta. Infatti solo cercando di leggere in modo corretto e più completo ed esauriente possibile il variegato mondo dell’immagine medievale si può tentare di fornire un’adeguata interpretazione della committenza, del contesto, degli eventi, e delle motivazioni storiche a essa collegate.

 

Ricerca storica e archivistica attuata  per la valorizzazione e la divulgazione della storia del borgo di San Martino al Cimino, e realizzazione del libro intitolato “Non urbem sed orbem: San Martino al Cimino”. Il “piccolo principato” gode della sua attenzione di ricerca. Ci sono motivi precisi?

La ricerca sul Borgo di San Martino cominciò alcuni anni fa con i sopralluoghi effettuati durante le Lezioni di Storia del Restauro, grazie alle quali potei cominciare ad avvicinarmi quell’«antica chiesa dalla schietta e sonante architettura, senza orpelli alle falde di un colosso addormentato rivestito di possenti castagni» prendendo a prestito le parole di Cesare Brandi, un luogo affascinante del nostro territorio, che trasuda storia da ogni sua pietra e che ha rapito la mia curiosità. La sua storia ancora in parte da scrivere, da approfondire e da divulgare abbraccia infatti un ampio lasso temporale che va dall’Alto medioevo fino al Novecento. In breve tappe essenziali di tale vicenda si possono riassumere nella costruzioni, dalla primigenia grangia benedettina di IX secolo, della maestosa abbazia cistercense conclusa intorno alla seconda metà del XIII secolo e della sua biblioteca claustrale, nel periodo delle Commende pontificie tra XV e XVI secolo con la decorazione a grottesche della Sala capitolare, e infine nello splendore sotto il pontificato di Giovan Battista Pamphilj e di sua cognata Donna Olimpia con la costituzione e decorazione dell’odierno Palazzo Doria Pamphilj e dell’ammodernamento dell’intero Borgo. Su un attento lavoro d’archivio, che parte da tali coordinate, si colloca la stesura, insieme allo storico pamphiliano e priore della Confraternita del SS. Sacramento e Rosario Colombo Bastianelli, e della storica del costume Elisabetta Gnignera, del volume “Non urbem sed orbem”, che mi auguro presto sarà dato alle stampe, così intitolato dalle parole utilizzate dallo stesso Innocenzo X (1644-1655), al momento dell’elevazione a città del borgo Cimino, volte a sottolineare il particolare progetto architettonico e urbanistico in esso racchiuso.

 

Come Professore di Storia dell’arte presso il Liceo Statale Classico dell’ II.SS. C. A. Dalla Chiesa di Montefiascone ha partecipato alla recente Notte Nazionale del Liceo? Trova che la nuova generazione sia sensibile alla cultura classica?

Certamente, vi ho partecipato con entusiasmo, proponendo una panoramica della produzione artistica inerente la tematica del Naufragio tra Otto e primo quarto del Novecento, considerata anche come specchio della crisi dell’artista nel tessuto sociale dell’età moderna, che credo possa suscitare importanti interrogativi e riflessioni anche sulla società odierna.

Trattando questioni inerenti la storia dell’arte antica, siano esse legate alla civiltà etrusca, greca e romana, incontro spesso il vivo interesse degli studenti, in particolare di quelli del Liceo classico, in quanto non costituiscono solo uno straordinario mezzo per leggere, comprendere più coscientemente il territorio, per rendersi conto delle emergenze che li circondano dai resti degli imponenti impianti termali (Bacucco, tempio di Serapide), alle necropoli di Norchia, Cerveteri, Tarquinia, solo per fare alcuni esempi a noi vicini, ma anche possedere una differente angolazione, chiave di lettura di quanto già studiato in altre discipline quali Storia della letteratura e della cultura Greca e Latina.

 

Catalogazione dei codici miniati, schedatura e inventariazione di manoscritti classico-scientifici, valorizzazione del materiale ceramico medievale e rinascimentale. Una  mappatura dei tesori nascosti che servirà a dare una identità al patrimonio storico del nostro paese?

Sì, e non solo. Le attività di catalogazione, inventariazione, schedatura sono attività propedeutiche alla conservazione, alla tutela del nostro patrimonio. Infatti come sostenuto da Cesare Brandi nella Teoria del Restauro prima di operare sul manufatto storico artistico bisogna riconoscerlo, conoscerlo e indagarlo. Pertanto schedatura come conoscenza, solamente attraverso una tale minuziosa mappatura che prenda in considerazione i differenti “tesori” conservati nei luoghi della cultura (musei, archivi o biblioteche) è possibile una diffusa, intima e accurata presa di coscienza di tale esteso capitale culturale, punto di partenza ineludibile per attuare corrette politiche di conservazione, tutela e valorizzazione.

 

L’inventariazione della biblioteca e delle carte d’archivio dell’Associazione Cattolica Lavoratori Italiana, depositata presso il Centro di Documentazione Diocesano di Viterbo. Un progetto che ci vuol illustrare?

Con questo progetto ritorniamo agli albori della mia attività di ricerca e inventariazione. Tale attività rientrava infatti all’interno di un corso regionale mirato ad approfondire le competenze di catalogazione del materiale archivistico e finalizzato al riordino di fondi depositati in differenti archivi e biblioteche del territorio. Devo confessare che proprio attraverso questo primo stretto contatto con il mondo del libro, dell’archivio e delle biblioteche di conservazione ho maturato le convinzioni circa il futuro sviluppo delle mie successive ricerche inerenti il libro manoscritto e la sua produzione.

Il suo libro De Balneis Viterbiensibus approfondisce le peculiarità terapeutiche delle terme di Viterbo mediante l’analisi storico-critica di un trattato della seconda metà del XIV secolo. Che analogie ci sono con l’oggi ?

Direi che le analogie con il presente sono notevoli, e assai stringenti in quanto il trattato ripercorre in modo accurato le peculiarità minerali e curative delle acque dei dieci maggiori Bagni della Piana del Bullicame. Tali specificità e applicazioni a ben vedere sono certamente in linea con le caratteristiche diagnostiche oggi prescritte, dato riscontrabile anche per l’utilizzo terapeutico, sia esso per assunzione o per immersione. Il De Balneis di Maestro Girolamo, più antico opuscolo medico terapeutico sulle acque termali del capoluogo della Tuscia, la cui fortuna critica godette di un intramontato successo in particolare tra XV e XVI secolo, per poi cadere nell’oblio dopo cinque secoli, solo nel XVIII secolo, si situa perfettamente nel retroterra culturale di Viterbo capitale scientifica, primato detenuto nella seconda metà del XIII secolo per la presenza all’interno della corte pontificia e del rinomato Studium Viterbiensis  troppo spesso negletto.

 

Il ricercatore inteso nel senso più ampio del termine negli altri paesi dell’Unione usufruisce di finanziamenti da fondi europei. Nel suo caso i lavori che svolge si legano  strettamente all’attività sviluppata dalla Università attraverso il Dipartimento?

Le ricerche da me condotte in questi anni si sviluppano certamente dall’impulso e nell’alveo dall’attività  della Cattedra di Storia di Arte Medievale del DISUCOM, alla quale devo la mia formazione, in un vivace e stimolante ambiente, distinto dal continuo confronto scientifico, così come la fortuna di avermi coinvolto in studi che mi hanno permesso di condurre la mia attività in istituzioni culturali di prim’ordine quali l’Istituto Storico per il medioevo Italiano o la Biblioteca Apostolica Vaticana. Tuttavia devo sottolineare come i miei studi sono anche il frutto di collaborazione con altre entità attive sul territorio, come nel caso delle ricerche sul borgo Cimino o quelle condotte di comune accordo con il Museo del Colle del Duomo, così come di personali contatti internazionali, come nel caso dei contributi forniti al progetto Simon On line sul De Clavis sanitationis condotto dalla Halloway University of London.

 

Nella sua ricerca c’è spazio per l’esplorazione di  orizzonti lontanissimi dalla sua formazione umanistica? Inizia ad approcciarsi nei suoi lavori  alla diagnostica, all’ottica in particolare. ..

Fin dalle origini la mia formazione non è stata esclusivamente di stampo umanistico, ma  anche attenta a problematiche inerenti la diagnostica artistica. Queste costituiscono elementi essenziali per costruire un quadro completo delle caratteristiche materiche dell’opera d’arte e dei processi chimico-fisici inerenti la conservazione e il restauro, nonché per poter operare positivamente in un’ottica multi e pluri-disciplinare che sempre più caratterizza l’odierna ricerca anche di stampo più prettamente umanistico. Inoltre è’ stato l’interesse suscitato dalla scienza di oggi a portarmi a indagare, studiare le biblioteche scientifiche papali del XIII e XIV secolo, così come quelle delle corti del  Xv secolo in particolare di Federico da Montefeltro. Considero infatti al pari di quanto già affermato nell’umanesimo, e messo in pratica per esempio da Vittorino da Feltre nella casa jocosa, come lo studio delle scienze esatte, e oggi anche della diagnostica strumentale, siano essenziali ausili alla ricerca umanistica.

 

A Viterbo una Facoltà come Beni Culturali può essere l’opportunità per il recupero dei beni del territorio e per occupare i neo laureati?

 

Assolutamente sì, o almeno in questa direzione bisogna lavorare e cooperare a tutti livelli istituzionali e non, in modo sempre più proficuo. Sotto tale aspetto la recente istituzione del corso di laurea a ciclo unico in Restauro presso l’ex Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali (ex DISBEC) può essere considerato un buon viatico. Tuttavia ancora molta strada è da percorrere per recuperare il negativo trend occupazionale in tale settore, fornendo non solo un’adeguata e costante sovvenzione pubblica per lo stanziamento di fondi, borse di ricerca, a oggi assai esigui, che possano permettere l’attività di giovani e preparati ricercatori, ma anche di coadiuvare l’istituzione di start up e cooperative di settore che siano in grado, affiancandosi agli organi e direttive del MIBACT, di recuperare, promuovere e gestire in modo proficuo sotto il profilo culturale ed economico i beni del territorio. Solo favorendo da un lato la ricerca e dall’altro un’accurata amministrazione delle differenti evidenze culturali dai musei alle biblioteche ai siti archeologici può derivare, attraverso un’integrata sinergia, una positiva ricaduta economico occupazionale.

 

Quanto, nel suo lavoro di ricercatore, la rete viene sfruttata nel potenziale e in termini di accessibilità e fruizione dei contenuti?

La rete, i differenti database di articoli o banche dati immagini digitalizzate ad alta risoluzione di biblioteche (si veda in tal caso ad esempio Mandragore, o Enluminures o ancora l’attuale digitalizzazione portata avanti dalla BAV) o musei offrono risorse assolutamente essenziali nell’attività di ricerca. Poter consultare studi, scambiarsi informazioni, pareri in tempo reale tra differenti parti del mondo, non solo facilita e velocizza l’acquisizione di nuove informazioni, dati, cancellando nella maggior parte dei casi il problema delle distanze, diminuendo sensibilmente i costi, ma risulta vincente in particolare nelle fasi iniziali della ricerca, dando la possibilità di indirizzare in modo più proficuo possibile l’indagine, circoscrivendo le trasferte a quegli specifici casi in cui l’analisi autoptica si rivela indispensabile per lo studio che si vuole condurre. Certamente lo smisurato maremagnum di informazioni che la rete offre deve essere sempre vagliato con un attento e allenato spirito critico, consultando repertori in particolar modo di siti istituzionale e ricontrollando le fonti dei dati in essi indicizzati.

 

L’Arte può essere alla portata di tutti?

L’Arte deve essere alla portata di tutti, in special modo la Storia dell’Arte che interessa e riflette più da vicino le differenti realtà locali, sotto tale aspetto le ricerche condotte sull’evoluzione di San Martino al Cimino sono state illuminanti.

Tuttavia affinché l’Arte possa essere compresa a mio avviso serve da un lato una più diffusa e pervasiva educazione culturale, abbracciando con tale termine non solamente semplicemente la storia dell’arte, ma anche la musica, il teatro, l’opera e che interessi l’educazione e la formazione dei giovani fin dalla più tenera età.

Per quanto riguarda la Storia dell’Arte se da un lato sono da incrementare le ore a esse dedicata nei differenti curricoli in particolare nella scuola secondaria, dall’altro vedo utile la redazione di volumi non per semplici addetti ai lavori, che seppur di stampo divulgativo posseggano un’aggiornata e solida e base scientifica. Solo in questo modo si potrà costituire quel circolo virtuoso che veda come principali protagonisti tre soggetti: opere d’arte, storici dell’arte e pubblico, utile non solo ad innalzare il livello di competenza circa la conoscenza del fatto storico artistico, ma anche di rispetto e tutela del patrimonio culturale di cui siamo semplici depositari.

 

Ci indichi il progetto realizzato sulla Tuscia che le ha dato maggiore soddisfazione e quello prossimo.

Dovendo indicare il progetto sulla Tuscia che più mi ha gratificato dal punto di vista personale e scientifico anche a livello internazionale certamente opterei per il censimento dei manoscritti scientifici miniati della corte papale del XIII, che mi ha permesso di delineare tra l’altro una storia ancora poco conosciuta della mia città e ricondurre al suo vivace e internazionale tessuto culturale una decina di manoscritti ora conservati in diverse biblioteche europee e statunitensi (es. Toledo, Norimberga, Washigton). Storia che mi auguro di poter divulgare e rendere nota a un più vasto pubblico, nonostante gli studi da me già dati alle stampe in diverse pubblicazioni, atti di carattere nazionale e internazionale, tra i quali, non da ultima l’edizione del De Balneis Viterbiensibus, la cui redazione ha avuto come punto di partenza proprio le ricerche condotte nel progetto appena citato.

Per adesso vi è in cantiere, insieme ai gestori del Museo del Colle Duomo, la schedatura e ricomposizione di alcuni Antifonari provenienti dalla chiesa di S. Sisto finalizzata alla loro musealizzazione e digitalizzazione.

 

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