Dopo il Silenzio al teatro Lea Padovani

dopo il silenzio

Dopo Milano, Genova, Brescia, solo per citare alcune delle precedenti tappe DOPO IL SILENZIO arriva al teatro Lea Padovani di Montalto di Castro. Un’avventura che nasce dalla collaborazione tra Pietro Grasso e uno dei più interessanti drammaturghi italiani, Francesco Niccolini.Un racconto scenico che, travalicando l’esperienza autobiografica di Grasso, non si ferma alla cronaca o alla denuncia, ma ha il respiro della tragedia antica.
“Questo vuole essere un Silenzio che parla”, dichiara il regista, “opposto a un silenzio omertoso, per costruire su quel “Dopo” il futuro. La scrittura di Grasso e la drammaturgia di Niccolini ci proiettano in una necessità comunicativa che solleciti, incuriosisca e ponga lo spettatore in un’attenzione profonda verso l’esperienza umana con tutte le sue contraddizioni e con quella necessaria capacità di comprensione e sospensione del giudizio.
Sabato 28 febbraio ore 21:00

Sebastiano Lo Monaco
Mariangela D’Abbraccio
Turi Moricca

tratto dal libro di Pietro Grasso “Liberi tutti” di Francesco Niccolini e Margherita Rubino
regia di Alessio Pizzech scene Giacomo Tringali costumi Cristina Da Rold musiche Dario Arcidiacono luci Luigi Ascione

Il teatro da sempre fonte di salvezza spirituale e specchio della collettività, ci consente di viaggiare fra le immagini, i ricordi, i

In un luogo dell’attesa, in un purgatorio dell’anima, in una condizione fuori dal tempo e dallo spazio dove fa breccia la grande storia con i suo eventi, i destini di questo giovane e dell’uomo si incontrano per fare i conti con la propria coscienza. Sul limitare di un tempo che sta scadendo il giovane e l’uomo fanno un viaggio interiore che vuole essere una consapevole ridiscussione dei motivi della propria vita delle scelte più o meno eticamente vissute.
Quei due uomini tanto diversi tra loro, confrontano le loro vite in un faccia a faccia che parte dalla mafia come fenomeno esterno a sé per arrivare ad una definizione di mafia come condizione interiore dell’uomo, come reazione a problematiche sociali, come risposta sbagliata a bisogni inespressi, come prodotto di un Silenzio complice ;
una mafia che nasce in ognuno quando il dialogo con propri valori non sia aperto e leale.
In quel luogo, come se da sempre fosse lì, un uomo pubblico, che da sempre ha combattuto per le sue idee, per la giustizia, che ha attraversato la storia d’Italia degli ultimi trent’anni e più, con le sue delusioni e sconfitte ma anche speranze e vittorie, attende che quel giovane arrivi. Un uomo che porta con sé la storia, la drammatica storia di questa seconda repubblica, un uomo con le sue scelte sempre coraggiosamente ed onestamente affrontate con altrettanta coerenza affronta il giovane che domanda, pretende e giudica. Un giovane che non conosce quella storia se non attraverso la televisione. Un giovane che ha venduto sé stesso e la propria libertà.
Un giovane senza parole per costruire il proprio futuro; di fronte a lui quell’uomo adulto sente il dovere di portare le sue parole, i suo pensieri, le sue esperienze perché tutto questo diventi patrimonio condiviso.
Tra quei due uomini di età ed esperienza diverse, si crea progressivamente una comprensione, un abbraccio ideale, un ricongiungersi etico e morale che possa fondare simbolicamente una Nazione più civile, capace di una rivolta morale e di dire “Noi no !”.
Davanti alla sacralità della morte, al limite che anche l’antica tragedia greca segnava come punto di svolta e trasformazione dell’uomo, la pietas reciproca trova un gesto con cui realizzarsi e quella dimensione etica dell’azione politica diventa comprensione dell’altro, ascolto dell’altro e atto concreto
Quel ragazzo e quell’uomo sono due facce di noi : la coscienza del degrado, la percezione della radice profonda di esso di cui la Mafia è solo la punta più immediatamente leggibile e dall’altra parte troviamo l’incoscienza del non sapere, del non voler capire e del non voler leggere la realtà che ci circonda con occhi nuovi.
Tra quei due uomini, in quello spazio metafisico della memoria, in quella sorta di archivio della mente, fatto di volti, nomi, luoghi, c’è una donna, un pensiero al femminile che pone la speranza della trasformazione e che impone la conoscenza ed il sapere come strade verso il futuro. Incarna questa figura una vibrante Mariangela D’Abbraccio.
L’emergere di una figura di donna che si pone accanto all’uomo come educatrice, eticamente rivolta verso il giovane, mi pare il dato importante di questo nuovo racconto teatrale. In questo testo si vuole quindi parlare di una Storia collettiva di uomini ma anche di donne che hanno vissuto con naturalezza scelte importanti, che hanno portato lutti profondi ma che con quella capacità di accoglienza che porta con sé il femminile, hanno superato prove importanti e decisive.
Insomma quella donna agisce lo svolgersi del dialogo tra i due e quando interviene è per portare un “vento” che apra le finestre, spalanchi le porte per far emergere una verità, un onestà che c’è in ogni azione che possa salvare un giovane ! Quella donna incarna il futuro, la possibilità di una trasformazione, una nuova alba possibile per la città distrutta e dilaniata.
Quella donna oppone alla cultura del sangue, la cultura dell’amore e come le antiche Troiane difende quei valori familiari depositati nel segreto dell’esperienza matrimoniale.
Quell’uomo e quella donna, con accanto a sé il giovane, con i loro volti sfiorati dal vento, possono così finalmente celebrare coloro che non ci sono più, coloro che hanno dato la vita per difendere e costruire la democrazia e sulla terra così inginocchiarsi e sentire il calore del sole.

 

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