In I Love Tuscia raccontiamo storie che rappresentano l’eccellenza che si lega o che appartiene al territorio. Stavolta la Tuscia è il punto di osservazione di un avvenimento fotografato da chi è qui a scriverlo. Siamo in una stanza del Centro Trapianti del Policlinico Umberto I°, mio padre Claudio ha ricevuto un rene grazie al gesto di generosità da parte di una persona che non potrà mai ringraziare personalmente perché non c’è più. Nella stessa stanza c’è un sacerdote, Don Claudio, parroco della Parrocchia di Santa Maria a Roma. Le sue missioni lo hanno portato come rappresentante della Commissione Giustizia e Pace in paesi come Mozambico e Amazzonia, per appurare un traffico di organi umani che coinvolgeva bambini di strada. A volte i destini s’incontrano. Proprio in quei paesi, ha contratto 12 episodi di malaria, curati con il chinino che ha distrutto i suoi reni, mettendo così fine ai suoi viaggi. Inizia per Don Claudio un percorso di dialisi con il conseguente rientro in Italia. L’attività ecclesiastica prosegue nella parrocchia che al sacerdote viene assegnata nel cuore di Roma e tre giorni alla settimana l’appuntamento è in ospedale per la dialisi. In quella Chiesa un giorno entra una giovane donna, è una brasiliana 34enne che vuole iniziare il suo percorso di preparazione alla Cresima. Inizia il suo cammino e dalle testimonianze di ognuno scopre la sofferenza che affligge Don Claudio, la cui possibilità di un trapianto rimane remota per l’incompatibilità di un gruppo sanguigno non universale. Claudiana è il nome della giovane, ascolta, elabora, si muove sino ad arrivare a scoprire che il suo gruppo sanguigno è lo stesso del sacerdote a cui correrà incontro dicendo: “Ho capito perché Iddio mi ha chiamato in questa Chiesa: devo donarle il mio rene”.
Così è stato, il trapianto è felicemente avvenuto nei giorni scorsi nel reparto ospedaliero ove ricevente e donatore sono ricoverati in stanze attigue, ognuno con la propria felicità: per il ritorno alla vita, per la scoperta che l’altruismo non ha confini e non richiede debito.
Bella storia di vita reale, che scommette soprattutto su una sensibilità che non ha barriere, avvenuta nell’era dell’integrazione multietnica, spesso osteggiata. Il punto d’incontro di ogni essere umano è sempre quell’amore universale che avvicina e contiene. E qui c’entra pure la Tuscia con quel qualcuno che non ha nome, non ha volto, ma sappiamo che una parte di esso vive oggi in un altro Claudio, mio padre. Una concomitanza prima di tutto di nomi Claudio, ancora Claudio, poi Claudiana, declinazione latina di zoppo. Ma oggi finalmente tutti loro più stabili.
Vedi Video. https://www.youtube.com/watch?v=FE4zoN47we8