Dai giardini di Palazzo Farnese a Caprarola alla Gamberaia di Firenze

Luciano Pasquini

Da ottobre a novembre i giardini Italiani si riempiono di un pubblico attratto da una passione, che sta contagiando gli amanti della natura e del verde. I visitatori sono attratti dal “Il fall foliage” quel momento particolare in cui gli alberi danno spettacolo di se con i loro colori autunnali, ricchi di suggestioni. La Tuscia ha notevoli potenzialità, purtroppo stenta ad agganciare questo exploit di visite, tranne qualche evento degno di attenzione. Pur contando un patrimonio di rilievo unico nel suo genere come: I giardini di Palazzo Farnese a Caprarola, Il Sacro Bosco di Bomarzo, Villa Lante a Bagnaia il Castello Ruspoli a Vignanello, e il Centro Botanico Mountan a Vitorchiano, La Tuscia dei Papi, degli Etruschi, della buona cucina, deve ambire a divenire la Tuscia punto di riferimento e apprezzata anche per i grandi giardini che possiede.
C’è un filo sottile, che unisce, il giardino del palazzo Farnese a Caprarola alla villa la Gamberaia di Firenze. Oltre la prepotenze bellezza, come scrive C. Latham, nei I Giardini italiani. – “Dal momento che si oltrepassa il cancello di ingresso, con i suoi cipressi che fanno da sentinella, l’impressione è di tale bellezza che finalmente, per forza di cose, la mente torna indietro al forte Caprarola o al tragico Este, solo per tornare ancora una volta a immergersi nella perfezione della villa toscana.” – Si è proprio la perfezione della villa Toscana, oltre la storia di cui la villa è ricca ad esercitare un fascino intenso sul visitatore.
La villa appartenuta alle Monache benedettine di San Martino fin dal XIV secolo. Durante la seconda guerra mondiale, villa e giardino subirono ingenti danni, tanto che quest’ultimo non era più riconoscibile. Nel 1954, sulla base di vecchi documenti, il proprietario Marcello Marchi iniziò un lungo restauro durato sei anni, che riportò la villa al suo antico splendore, dal 1994, gli eredi Zalum ne proseguono l’opera.
La parte più interessante del giardino è posta nel lato sud dell’edificio. Qui si apre un meraviglioso parterre, costruito per volere della principessa Ghyka, alla cui realizzazione vi lavorarono due giardinieri locali, Martino Porcinai (padre del più famoso Pietro) e Luigi Messeri. Questi divisero il piano in quattro aiuole rettangolari d’acqua, dall’andamento molto allungato, sottolineato da siepi di bosso che se accentuano la peculiarità e che terminano in un emiciclo-belvedere segnato da cipressi sagomati ad arco con uno stupendo effetto scenografico, che consente una vista sul paesaggio circostante, di gran suggestione sulla campagna fiorentina, ricca di olivi, che fanno da cornice alla cupola in lontananza del Brunelleschi. Non si può lasciare la villa senza aver visto gli interni, aver percorso il ponte che permetteva alla principessa Ghyka di accedere velocemente al giardino, il ponte sorretto da due archi, si protende verso il giardino, quasi a volerlo abbracciare. Infine una sosta nel nel terrazzo, ricavato dalle recenti ristrutturazioni, dove si gode una vista insuperabile sul parterre e sulla collina circostante.

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