Come rimettersi in pista senza farsi male

Isabella Cristaudo*

“No pain, no gain!” Quante volte avremo sentito questo motto anglosassone. Tradotto letteralmente è “nessuna sofferenza, nessun guadagno”, o meglio “solo con il sacrificio si possono ottenere determinati risultati.

Il fatto che i risultati si ottengano al costo di duro e doloroso lavoro è una credenza tecnicamente imperfetta e culturalmente demodé. A causa di questi vecchi retaggi, talvolta anche di origine religiosa e dunque apparentemente lontani dai campi di gara o da gioco, ci si ritrova spesso a seguire o a far eseguire allenamenti che non hanno il benché minimo fondamento scientifico.

Che l’obbiettivo sia professionale, agonistico, estetico, o puramente ludico, ci sono principi fisiologici del nostro organismo che vanno rispettati.

Innanzitutto la natura, nella sua perfezione, prevede in ogni sua manifestazione un equilibrato dualismo. Senza perdersi verso orizzonti poetici che ci narrano di sole e terra, di giorno e notte o alternanza delle stagioni, affrontiamo un tema più semplice a metà strada tra scienza e buon senso. Ossia, l’equilibrio nella giusta alternanza tra carico e scarico, tra allenamento e riposo, tra fase attiva e fase di recupero.

Il nostro organismo si trova normalmente in uno stato di equilibrio detto omeostasi.

Non appena un carico allenante provoca una rottura di tale equilibrio, otteniamo una naturale risposta di adattamento detta supercompensazione, che porta a un incremento del livello prestativo. Le strutture e i metabolismi energetici sollecitati non tornano quindi allo stato di partenza bensì si attivano su livelli potenziali superiori rispetto a quelli che si avevano prima dell’allenamento e/o del periodo allenante.

In alcuni casi l’attività sportiva, soprattutto se vissuta con passione, può dare dipendenza. Inoltre sia a livello amatoriale sia purtroppo talvolta anche a livelli più alti, ad esempio in fasi precampionato, si comincia con carichi eccessivi e recuperi insufficienti per gruppi di atleti eterogenei e non sempre sufficientemente pronti dopo la pausa estiva.

Ciò può portare a infortuni come pure a overtraining, per definizione “sindrome psicofisica conseguente a un carico di lavoro eccessivo rispetto alle capacità di recupero del corpo e caratterizzata da molteplici sintomi tra cui insonnia, depressione, debolezza, perdita dell’appetito”. Tuttavia, senza arrivare alle suddette condizioni estreme, molto più semplicemente si può arrivare a una fase di stallo, dove l’organismo si rifiuta di evolvere ulteriormente nella direzione da noi prescelta. In sintesi, ogni singola seduta d’allenamento dovrebbe prevedere fasi di lavoro e fasi di recupero. All’interno del microciclo settimanale dovrebbero essere previste giornate di allenamento e giornate di riposo. Nel macrociclo dovrebbero essere previsti periodi di carico e periodi di scarico. Una corretta programmazione richiede l’intervento di specialisti del settore, tuttavia nella quotidianità è già possibile seguire regole ragionevoli, quali: un corretto numero di ore di sonno notturno, rispetto dei segnali che il nostro organismo ci manda per non incorrere in sovraccarichi, sufficiente idratazione, evitare sedute in giorni di grande stanchezza per non imbattersi in banali infortuni, stretching e defaticamento alla fine di ogni seduta.

 

*Isabella Cristaudo: diplomata I.S.E.F. con 110 e lode presso l’Istituto Superiore di Educazione Fisica (Roma) e laureata in Scienze Motorie con 110 e lode, presso lo I.U.S.M. Istituto Universitario di Scienze Motorie Foro Italico (Roma). Preparatore fisico per atleti professionisti, nel 2008 convocazione con il Settore Squadre Nazionali Maschili F.I.P. Esperienza ultradecennale nel recupero funzionale post-traumatico e post-operatorio. Insegnante di ruolo di Scienze Motorie nella Scuola Secondaria di Secondo Grado. Inventrice del “Big Band” (dispositivo a elastici con sistema di monitoraggio elettronico delle forze agenti) e del suo modello di allenamento. Nel 2011 esce la sua prima pubblicazione scientifica dal titolo “Assessment of the efficacy of a specific tubing training in female futsal players” al XX th International Congress of Sports Rehabilitation and Traumatology (12 – 13 Marzo, 2011 Bologna, IT).

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