Angelo Russo: sogno una Viterbo Città delle Macchine di Santa Rosa

Ricordi, sogni, riflessioni. Parafrasando Jung, appunti per un museo.
Spero tanto che Carl Gustav Jung non se la prenda a male se ho preso in prestito il titolo della sua opera più famosa, ma calzava così a pennello che non ho saputo resistere alla tentazione. E d’altra parte lo diceva anche il poeta: ” l’unico modo per resistere alle tentazioni, è cedervi”. (O. Wilde)

Ricordi…
Quasi ci siamo, riecco “la sera del tre”. A Viterbo bastano queste quattro parole per aprire infiniti spazi che rimandano all’appuntamento più importante dell’anno: il trionfale trasporto della Macchina di Santa Rosa. Quest’anno c’è anche il cambio della guardia da “Fiore del Cielo” di Vittori a “Gloria” di Ascenzi. L’attesa è ancora più intensa e carica di emozioni. E allora via libera alla viterbesità: commenti sul modello, rimandi ad altre macchine, raffronti, paragoni e altro ancora. Unico comune denominatore l’amore per la Santa, per questa meravigliosa festa, per l’intera città e l’ammirazione per i Facchini. E’ da questo equilibrato mix che nasce il grande evento che per la sua bellezza e interesse culturale è stato riconosciuto dall’Unesco patrimonio dell’Umanità.

Non posso non ricordare la sera del tre del 1991. L’avevo pensata, disegnata, avevo creato il plastico, ma non sapevo, fino al montaggio definitivo e totale, che effetto mi avrebbe fatto. La guardai, illuminata con centinaia di faretti e candele, mi abbandonai al brivido che pervase la mia schiena. Un’emozione indimenticabile. Sinfonia d’Archi era pronta per essere sollevata dai facchini e iniziare la sua lunga storia. Fu trasportata per sette anni consecutivi: dal 1991 al 1997.

L’ho rivista, pochi giorni fa, dopo diciotto anni dal suo ultimo trasporto. Era custodita in un vecchio stabile, concesso gentilmente da un privato, e mi sono chiesto prima di entrare: come la troverò? C’era con me anche Vincenzo Battaglioni il costruttore che l’acquistò dall’Amministrazione Comunale di allora. Per quanto al coperto, alcune finestre, con vetri rotti o inesistenti, lasciavano entrare piccioni e quant’altro. E vero che è quasi tutta resina, ma non è indistruttibile. Mi si è spezzato il cuore.

Il Sogno…
Salvare Sinfonia d’Archi e tutte le altre Macchine, ancora in vita, conservarle in spazi espositivi adeguati. Per sensibilizzare le Istituzioni e l’opinione pubblica su questo importante tema c’è stata la disponibilità di alcune ditte viterbesi di privati che, animati da puro spirito di attaccamento alla tradizione viterbese, hanno offerto gratuitamente la loro disponibilità. Tra pochi giorni, dopo il trasporto della nuova Macchina, grazie principalmente alla Sat System stazione servizi digitali della famiglia Veralli, saranno pronti, restaurati e illuminati, i pezzi di sinfonia d’Archi per essere esposti all’esterno della loro sede in via Armando Diaz a Viterbo. Ci sarà anche un grande schermo che proietterà delle immagini di repertorio. Affinché si potesse realizzare questo evento che vuole essere da stimolo alla realizzazione del museo delle Macchine, hanno collaborato inoltre: i fratelli Giuseppe e Fabrizio Delle Monache, trasportatori, Colore amico per le vernici e Kaes s.r.l. per la pittura, il materiale elettrico è stato offerto dalla Rp distribuzione di Paolo Riccio. Un grazie anche ai fratelli Menghini che esporranno un pezzo della base al Poggino, davanti alla loro attività.

Riflessioni.
Le idee per un museo sono tante, c’è chi vedrebbe esposte alcune parti delle Macchine nelle rotatorie e chi pensa di conservarle in qualche stabile adeguato.
La mia riflessione: La Macchina di Santa Rosa è un evento dinamico al quale partecipano un mix di componenti: oltre alla struttura stessa, i Facchini che la trasportano, le ali della gente nelle vie rabbuiate della città, le case e i tetti che sono sfiorati dalla Macchina e le luci che riverberano creando un effetto di suggestione e magia. E’ difficile cogliere l’essenza e la bellezza della Macchina se non in questo contesto. Comunque la storia va salvaguardata e vedo più realizzabile il Museo di cui si è spesso parlato. Lì potrebbero essere conservate le Macchine, porzioni di esse, particolari, filmati ecc. Per ridurre l’impatto ambientale, considerata l’altezza della struttura, in passato si era pensato alla parete di una cava abbandonata su cui addossare il museo. Ma le idee potrebbero essere anche altre. Chissà che Viterbo non produca anche qualche mente illuminata e appassionata che riesca davvero a realizzare questo antico sogno.
L’augurio è che Viterbo possa davvero diventare la città della Macchina di Santa Rosa. E non solo la sera del tre.

Ideatore di Sinfonia d’Archi 1991-1997

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Foto. di archivio di Angelo Russo gentilmente concesse

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