Alfredino Barbieretto Lucaccioni, la faccia bella del tifo viterbese

Donatella Agostini

lucaccioni

A Viterbo, le bandiere gialloblù hanno ricominciato a sventolare sempre più numerose al vento di primavera. Un vento che è sembrato sospingere l’irresistibile cavalcata della squadra cittadina verso la Lega Pro. Nella giornata decisiva di domenica 1° maggio, dopo una partita sofferta, la Viterbese è riuscita a segnare il gol della promozione sul campo dell’Astrea, a pochissimi minuti dalla fine. La città è esplosa in un boato liberatorio. Il clima sembra essere tornato quello dei bei tempi, con i viterbesi  tutti d’en sentimento”.

Ne è testimone e protagonista il tifoso viterbese per eccellenza, Alfredo Lucaccioni, detto il Barbieretto. Un sorriso contagioso, entusiasmo e grande comunicativa. “La mia passione per la squadra è nata da quando, piccolissimo, mio padre Fulvio mi metteva sulle spalle e mi portava allo stadio della Palazzina a vedere la Viterbese. Da allora vive dentro di me, fa parte di me. Come un pensiero che torna a una bella donna”.

Il papà di Alfredo Lucaccioni è il compianto Fulvio, come lui acconciatore per uomo e storico tifoso gialloblù, venuto a mancare sei anni fa e commemorato con affetto dalla squadra e dalla società. E che ancora oggi fa idealmente il tifo dagli spalti, per quell’abbonamento che Alfredo continua comunque a fare a suo nome. “Mio padre iniziò a fare questo mestiere sin da bambino. Appena finita la guerra, i miei nonni temevano che giocando per strada sarebbe potuto saltare su una bomba ancora inesplosa. Per questo, e per assicurargli un futuro, lo mandarono “a bottega” ad imparare il mestiere di barbiere”.

Nella bottega del padre,  Alfredo ha cominciato a sua volta a muovere i primi passi come acconciatore per uomo. Presidente per diversi anni della Scuola Acconciatori, oggi vanta una clientela numerosa e affezionata. Si va da Alfredo per un taglio di capelli, ma anche per fare due chiacchiere, due risate insieme, per parlare di vita quotidiana e di  calcio, come si faceva una volta. Nel suo negozio fanno bella mostra di sé bandiere, gagliardetti, ritagli di giornale, fotografie in bianco e nero e a colori legate a ricordi calcistici del passato. Oltre alla professione infatti, Alfredino “Barbieretto” Lucaccioni ha ereditato dal padre la faccia bella del tifo cittadino. Il tifo pulito, quello che si fa sentire sempre e comunque vada. Quella passione vera che rimane anche nei momenti meno buoni, quando tutto sembra remare contro. “Ripenso alla fine della stagione 2003/4” ricorda Alfredo. “La Viterbese era arrivata ad un passo dalla serie B. Per disavventure societarie, improvvisamente la squadra si dissolse. Fu una botta indescrivibile. Ma noi siamo rimasti”.

Il noi si riferisce al gruppo di irriducibili, amici che trovano nel tifo comune motivo di condivisione e di piacere nello stare insieme. E che insieme affrontano trasferte memorabili. La storia della Viterbese, iniziata nel lontano 1908, ha conosciuto anche momenti difficili. Il percorso recente ha visto tre anni fa l’avvento del presidente Piero Camilli, che ha portato alla fusione della Viterbese con il suo club A.D.C. Castrense, creando l’entità attuale della Viterbese Castrense.  “Finalmente un presidente competente in materia calcio. I risultati si sono visti. Oggi è un’apoteosi. Ma sono sicuro che siamo solo agli inizi di una stagione entusiasmante” aggiunge Lucaccioni. “Finalmente torniamo a giocare il calcio che conta. Godiamoci questo momento. Spero tanto che adesso i viterbesi torneranno allo stadio: famiglie con i bambini, gruppi di giovani, meno giovani, tutti insieme a sostenere la squadra.”

Una promozione che può a buon diritto attribuirsi alla città intera. Giocare ad un campionato superiore significa infatti non soltanto maggiore prestigio. I ragazzi delle giovanili giocheranno a loro volta tornei nazionali. E le squadre avversarie porteranno il seguito dei loro numerosi tifosi, producendo indotto: lavoro per bar, ristoranti, alberghi. “La promozione significa coinvolgere maggiormente i giovani e i giovanissimi nel tifo e nell’attività sportiva calcistica. Per questo sarebbe necessario un secondo campo sportivo, per permettere gli allenamenti della squadra maggiore e per consentire ai ragazzi di praticare attivamente”. Perché il calcio è più di un semplice sport. È epica moderna, è cuore, fantasia, ritualità, spettacolo. Sacrificio e soddisfazioni. È la gioia di oggi. E a Viterbo, il calcio è identità cittadina. “Perché tifo la Viterbese?” conclude Lucaccioni. “Perché è la squadra nostra, della città nostra. Perché mi emoziona. Sempre”.

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