Alberto Morucci: l’arte, il legno e la vita in questa terra

morucci

La donna è di spalle; guarda diritta davanti a sé il muro scuro che sta per oltrepassare. L’uomo è seduto per terra, apparentemente sconfitto. Due sculture in legno, a grandezza naturale, che raffigurano una coppia di oggi, prigioniera dei propri ruoli e della propria incomunicabilità. “Ma la donna è madre, è forte, e riuscirà ad andare oltre le barriere e a guidare l’uomo”.

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Alberto Morucci, scultore e pittore di fama, vive a Marta, sul lago di Bolsena. Le sue opere sono state esposte a Roma, Genova, Torino, Palermo. Oggi ci accoglie nella sua mostra permanente di Viterbo, sua città natale, nel quartiere di San Pellegrino. Ha gli occhi vivaci e il sorriso contagioso. Il maestro ha una grande considerazione per il genere femminile. Accarezza con lo sguardo l’Eva moderna a cui ha dato vita scolpendo un legno dalla patina familiare, segnata dal tempo e dall’uso. Un legno di risulta, un materiale povero che assume la ricchezza di nuovi significati, pur mantenendo la memoria del passato di cui porta i segni. Quella di Morucci è una critica implicita al consumismo sfrenato, al taglio forsennato degli alberi.

E il ricordo va alla sua infanzia trascorsa sui Cimini, quando si tagliavano gli alberi con criterio e rispetto. “Il mio legno ha conosciuto una prima vita con l’industria. Io gliene ho regalata un’altra con l’arte”.

Il concetto di passato è onnipresente nell’opera di Alberto Morucci. Le sue opere rappresentano un viaggio nella storia dell’umanità, e veicolano un messaggio per l’uomo moderno, troppo distratto e sviato dal contingente; un uomo rappresentato da un gigante ligneo, stretto in una gabbia metallica, prigioniero del progresso che lui stesso ha voluto, ma che lo rende incapace di accorgersi dei veri valori.

Le sue figure stilizzate illustrano il vissuto della civiltà umana, e i ricordi di un artista fortemente ancorato al territorio in cui vive e lavora. “Non potrei essere la persona e l’artista di oggi se non fossi nato e vissuto nel territorio della Tuscia, se non avessi assaporato una vita meno frenetica e più autentica”.

Morucci ci guida di fronte ad una delle sue opere più famose, una scolaresca seduta su antichi banchi recuperati. Le figurette lignee non hanno la fissità di un esercito di terracotta, ma la varietà espressiva di bambini veri. “Io mi riconosco nel bambino che apparentemente sta seguendo la lezione, ma che in realtà sta disegnando ed è perso nel suo mondo”, ci spiega il maestro. Morucci afferma con orgoglio di aver frequentato la “bottega”di suo padre, artista a sua volta, come si faceva in passato. Da una base classica ha imparato a lavorare di sottrazione, e a plasmare figure stilizzate che invitano l’osservatore a non fermarsi all’apparenza e a cogliere l’emozione di un ricordo e di un messaggio.

Gli domandiamo quale sia la sua opinione nei confronti dell’arte moderna. “L’arte è espressione del periodo in cui si sta vivendo, e ne rappresenta il bene e il male”. La modernità di Morucci traspare dalle sue opere pittoriche, in cui la frammentazione delle figure rievoca quasi i pixel degli schermi. “Quello che temo è che delle moderne performances, delle installazioni temporanee multimediali così care agli artisti contemporanei, nel futuro non rimanga traccia”.

Di qui la necessità quasi fisica di dedicarsi alla produzione, di rapportarsi alla materia grezza tutti i giorni. “Ho la dipendenza da scultura”, ci dice sorridendo. Gli chiediamo quale sia il suo sogno. Ci fa vedere una serie di figure che rappresentano galline di ogni colore. “Rappresentano la molteplicità delle razze umane. Un’umanità rappresentata da galline, e non da pecore… ogni colore una razza. Mi piacerebbe collocare centinaia di queste galline su una piazza importante,  e lasciare che i bambini mescolino a piacimento i colori. Sarebbe un bellissimo messaggio di pace”. 

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